L'evoluzione del Web

by antonellocamilotto.com


La vita moderna pianta fortemente le sue radici su internet, influenza e determina il modo in cui ci comportiamo in maniera persistente. Ma il web non è sempre stato così.


L’evoluzione del Web


Negli ultimi 30 anni il Web si è evoluto in maniera vertiginosa, non solo da un punto di vista estetico, ma anche applicativo e concettuale. Storicamente viene diviso in 3 fasi:


  • Web 1.0: circa dal 1991 al 2004
  • Web 2.0: dal 2004 ad ora
  • Web 3.0: dal pochi anni ad ora


La transizione tra queste fasi ovviamente non è netta, non esiste una data sul calendario in cui si è passati dal Web 1.0 al Web 2.0.


Cosa è il Web 1.0?


Questa è la prima fase del Web (leggermente diverso dal concetto di internet, che esisteva da prima del Web 1.0, si pensi ad IRC). Gli utenti che partecipavano, che lo utilizzavano, erano puri spettatori. Non esisteva interazione, tutti i siti erano delle vetrine statiche e l’unica cosa che si poteva fare era leggere e riprodurre contenuti presenti in quella pagina. L’unica forma di interazione che si associa al Web 1.0 sono i primi forum, un concetto estremamente lontano dai social network a cui siamo abituati oggi.


Non si poteva essere creatori, ma solo spettatori. Il ruolo di creatore era riservato agli sviluppatori. Non esistevano metodi semplici per creare contenuti sul web (post su Instagram, pagine Facebook, ecc.).


Cosa è il Web 2.0?


Il Web 2.0, anche noto come Web2, è quello che la maggior parte di noi ha utilizzato per la prima volta, il nostro primo approccio ad internet. Il Web2 è considerato il Web Sociale, caratterizzato da una immensa possibilità di essere creatori di contenuti senza dover avere competenze di programmazione. Le applicazioni, come ogni social network, sono sviluppate per far si che chiunque possa partecipare alla modellazione e alla creazione di nuovi contenuti nel Web2. Ed è proprio questa semplicità che ha reso popolare il Web.


Monetizzazione nel Web 2.0


Cerchiamo di ricordare come sono nati i primi social network: Instagram, Facebook, Twitter o YouTube. I passaggi sono sempre gli stessi:


  • L’azienda lancia l’app
  • Si cerca di attrarre più persone possibili e stabilire una user-base
  • Si monetizza la user-base


La maggior parte delle compagnie come prima cosa cerca di rendere il servizio il più semplice possibile, niente pubblicità invasive e Ads di alcun genere. Il primo obiettivo è far iscrivere più persone possibile, diventare un cult. Una volta che il cult si è affermato, allora è arrivato il momento di monetizzare, di trarre profitti dall’investimento fatto.


Spesso per monetizzare e sopravvivere vengono introdotti investitori esterni. Ma chi investe in un progetto, poi pretende risultati da quella azienda, vuole un beneficio di tipo economico. E la storia spesso ci insegna che questo porta sempre a svantaggi da parte dell’utente, un peggioramento dell’esperienza generale.


Uno dei modi più comuni e proficui con cui monetizzare grandi progetti come quelli dei social network è la vendita dei dati personali. Per molte compagnie che vivono sul Web2, come Google e Facebook, avere più dati vuol dire più Ads personalizzati. Che portano a più click e più guadagni. Ed è questa la base fondamentale su cui si basa il Web2: la centralizzazione di enormi quantità di dati, divisi in data-center in mano alle Big Tech companies. La centralizzazione dei dati porta a problemi di sicurezza, principalmente caratterizzati dai così detti data-breaches.


Il Web3 nasce con lo scopo ben preciso di risolvere questi problemi, ridisegnando i fondamentali dell’architettura di internet e su come gli utenti interagiscono con le applicazioni.


Cosa è il Web 3.0


La differenze tra il Web2 e il Web3 sono tante, ma il concetto alla base è uno solo: decentralizzazione.

Questa parola riecheggia da qualche anno su internet ogni volta che si parla di blockchain e crypto valute. Ma come la si applica a questa nuova idea di Web?


Il Web 3.0 migliora il concetto di internet così come lo conosciamo oggi aggiungendo delle caratteristiche chiave. Il Web3 deve avere soddisfare questi parametri:


  • Verificabilità
  • Assenza di doversi fidare di intermediari (trustless)
  • Self-Governing
  • Permissionless
  • Distribuito e robusto
  • Pagamenti nativi


Andiamo a vedere questi paroloni cosa vogliono dire. La grossa differenza lato sviluppo è che un developer non creerà più applicazioni che vengono eseguite su un singolo server che salva i dati in un singolo database (che di norma a sua volta è hostato e gestito da un singolo cloud provider).


Adesso le applicazioni Web 3.0 verranno eseguite su blockchain, network decentralizzati con svariati nodi (server) peer-to-peer. O in generale, una combinazione del vecchio metodo con questo più moderno. Spesso queste applicazioni vengono chiamate Dapps, ovvero decentralized applications.


Quando sentiamo parlare di Web3, il discorso è sempre accompagnato dalle crypto valute. Queste giocano un ruolo fondamentale all’interno di questi protocolli. Garantiscono un incentivo economico (token) per chiunque voglia partecipare nel creare, governare, contribuire o migliorare uno di questi progetti.


Questi protocolli di norma offrono una svariata scelta di servizi che fino ad ora, erano garantiti solo dai grandi cloud provider: computing, storage, banda, identità, hosting etc. Nel Web3 la storia cambia radicalmente: i soldi (o meglio, la currency) spesi per determinati servizi non vanno ad un singolo ente centralizzato, ma vengono distribuiti direttamente a tutti i validatori del network sotto forma di gas-fees. Anche protocolli su blockchain native come Ethereum operano in questa maniera.


Pagamenti nativi


I Token di cui abbiamo appena parlato introducono anche il layer dei pagamenti nativi. Un sistema senza frontiere di stati o intermediari di terze parti.


Fino ad ora, aziende centralizzate come Stripe e PayPal hanno fatto miliardi di dollari gestendo i pagamenti online. Questi metodi però non hanno la libertà e la interoperabilità che si riesce a raggiungere tramite blockchain. Inoltre questi servizi richiedono necessariamente l’inserimento dei nostri dati personali per poter eseguire operazioni.


All’interno di applicazioni Web3, delle Dapps, è possibile integrare un Crypto Wallet. Il più famoso è per esempio MetaMask (nulla a che vedere con Meta, ex Facebook).


Per quanto riguarda l’utilizzabilità e la semplicità dei pagamenti all’interno delle blockchain, è un discorso molto più complesso che non tratteremo in questo articolo. Il concetto che ci interessa è questo: a differenza dell’attuale sistema finanziario moderno, gli utenti all’interno del Web3 non devono passare attraverso svariati sistemi intricati di identificazione per usufruire un servizio finanziario. Tutto quello che serve è avere un Wallet che supporta il network con il quale vogliamo interagire e possiamo inviare e ricevere pagamenti, senza bisogno dell’approvazione di una banca o di una compagnia esterna.


Una nuova idea di costruire aziende


Con l’introduzione dei Token, nasce il concetto di tokenizzazione e realizzazione della token economy.


Cerchiamo di capire con un esempio semplice come funziona. Supponiamo di voler creare un’azienda, per poter mettere in atto questa idea che abbiamo avuto abbiamo bisogno di soldi per pagare sviluppatori e tutto ciò di cui avremo bisogno.


Allo stato della finanza attuale, di norma si assume un venture capital e si da via una percentuale di azienda. Questo tipo di investimento introduce immediatamente inevitabilmente degli incentivi spesso mal posti che sul lungo periodo andranno ad intaccare l’esperienza utente. Ma supponiamo che questo progetto comunque vada bene, spesso ci vogliono anni prima di avere un ritorno economico effettivo.

Nel Web3 la storia è diversa. Immaginiamo che qualcuno proponga un progetto basato su un’idea che noi ed altre persone condividiamo e supportiamo. Nel Web3 tutti possono partecipare al progetto dal day-one. La compagnia annuncerà il rilascio di un determinato numero di Token, e darà ad esempio il 10% ad i primi sviluppatori, il 10% in vendita la pubblico, ed il resto da parte per futuri pagamenti.


I detentori del Token, così detti StakeHolders, potranno utilizzare i loro Token per votare cambiamenti o decisioni riguardo il futuro del progetto in cui hanno creduto ed investito dal primo giorno. Gli sviluppatori che hanno contribuito invece, potranno vendere i loro Token una volta rilasciati in modo da ricevere un pagamento per il loro lavoro.


Il tutto è estremamente libero: se supportiamo il progetto, compriamo token e non li vendiamo, il così detto Holding. Se ad un certo punto non ci troviamo più in linea con il percorso che sta prendendo questo progetto, possiamo vendere i nostri token in qualsiasi momento.

Un esempio pratico di applicazione del concetto: un’alternativa non centralizzata a Github.


La differenza rispetto al precedente stato del Web è ormai chiara: quello che succede su internet è in mano agli investitori, non a pochissime grandi aziende come Google e Facebook. È un mondo decentralizzato, i Token Holders sono coloro che controllano il futuro dell’asset e per questo vengono ricompensati: tramite mining nel caso di una Proof of Work, detenendo token nel caso di Proof of Stake (o altre forme ibride).


Identità nel Web 3.0


Nel Web3 il concetto di identità vira in una direzione totalmente diversa da quella a cui siamo abituati oggi: non esistono combinazioni di email + password, preceduti da lunghi processi di verifica dell’identità.


Nella maggior parte delle Dapps la nostra identità è strettamente legata all’indirizzo del nostro wallet che stiamo utilizzando per interagire con il network. Nel caso di una Dapps sviluppata su Ethereum, come ad esempio UniSwap, l’identità sarà il nostro Ethereum Adress.

A differenza dei tradizionali sistemi utilizzati nel Web2, l’identità nel Web3 diventa totalmente anonima, o meglio: pseudonima. A meno che ovviamente non sia l’utente stesso a decidere altrimenti.


L’Ethereum Foundation ha sviluppato un RFP (request for proposal), uno strumento che ci permette di registraci tramite Ethereum.


Smart Contract: lo strumento alla base del Web 3.0


Uno “smart contract” è un semplice pezzo di codice che viene eseguito nella blockchain, ad esempio su Ethereum. Questi “contratti” garantiscono di eseguire un determinata azione e di produrre lo stesso risultato per chiunque lo utilizzi. Li abbiamo visti utilizzati in una moltitudine di Dapps: possono essere integrati in giochi, NFF, sistemi di votazione online e prodotti di tipo finanziario di svariato genere.


Capiamo con un esempio pratico cosa è uno smart contract.


Immaginiamo una classica macchinetta che vende merendine, il più semplice esempio che possiamo pensare. Quella macchina è un sistema hardware, che esegue un determinato programma, un software con delle indicazioni ben precise. Quando inseriamo la giusta quantità di monetine al suo interno ed inseriamo il numero del prodotto, la macchinetta ci restituirà il prodotto scelto.


Allo stesso modo in una blockchain, questi “contratti” posso trattenere del valore, ad esempio sotto forma di Token, che rilasceranno solo se delle precise condizioni decise in precedenza verranno innescate.


Questo concetto esiste da tempo, con l’introduzione delle blockchain e del Web 3.0, siamo riusciti a renderlo trustless. Immaginiamo di fare un scommessa tra amici, il primo a raggiungere 100 punti ad un gioco, vince una determinata quantità di denaro (currency). Ma come facciamo a fidarci che se vinciamo, il nostro amico ci darà davvero i soldi che ci spettano? Fino ad ora per ovviare a questo problema della fiducia, ci si affidava ad un terzo, nel nostro caso un terzo amico. Ma siamo davvero sicuri che questo amico non sia contro di noi, magari è corrotto. Con il Web 3.0 questo problema scompare: una volta deciso il palio di vincita e le condizioni, entrambi i partecipanti depositano nello smart contract la quantità scommessa. Questo bloccherà il denaro e solo una volta che il primo dei due amici raggiungerà 100 punti, lo smart contract darà il palio totale al vincitore.


Conclusioni finali


Con il Web 3.0, ogni persona, macchina o azienda sarà capace di scambiare valore, informazioni e lavoro con chiunque nel mondo, senza bisogno di avere un contatto di fiducia diretto o un intermediario di terze parti.


La più importante evoluzione nel Web 3.0 è la minimizzazione della fiducia necessaria per coordinare operazioni a livello globale.

Il Web3 espanderà in maniera fondamentale la scala e lo scopo delle interazioni tra persone e tra macchine, molto oltre quello che riusciamo ad immaginare oggi. Questo passaggio attiverà una nuova onda di business model fino ad ora inimmaginabili.


© 𝗯𝘆 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼

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Autore: by Antonello Camilotto 9 giugno 2025
Tra le periferiche per PC, la tastiera rappresenta un elemento cruciale per l'esperienza di utilizzo. Che tu sia un gamer incallito, un professionista del settore IT o un semplice utilizzatore domestico, la scelta della tastiera giusta può fare la differenza tra una piacevole esperienza di digitazione e una frustrante battitura sui tasti. Con una varietà di opzioni disponibili sul mercato, è importante comprendere le diverse caratteristiche e i fattori da considerare prima di fare la tua scelta. 1. Tipologia di Tastiera: - Tastiere Membrane: Queste tastiere sono le più comuni e spesso le più economiche. Utilizzano un sottile strato di gomma sotto i tasti per attivare i contatti e registrare l'input. Sono generalmente silenziose ma offrono una sensazione di digitazione meno tattile rispetto ad altre tipologie. - Tastiere a Membrana con Retroilluminazione: Simili alle tastiere membrane standard, ma con l'aggiunta di un'illuminazione LED sotto i tasti, che può essere personalizzata per migliorare l'aspetto visivo e la visibilità durante l'utilizzo in condizioni di scarsa illuminazione. - Tastiere Meccaniche: Queste tastiere utilizzano interruttori meccanici individuali sotto ogni tasto, offrendo una risposta tattile e un feedback uditivo distinti quando si preme un tasto. Sono generalmente più costose, ma molti utenti le preferiscono per la loro sensazione di qualità e durata. 2. Layout e Dimensioni: - Le tastiere possono avere diverse disposizioni di tasti (layout), come il layout QWERTY standard o layout alternativi come il DVORAK. - Le dimensioni delle tastiere variano da quelle standard a quelle più compatte, come le tastiere compatte tenkeyless (senza il tastierino numerico) o le tastiere ultracompatte senza tastierino numerico e senza fila di funzioni. 3. Tasti Programmabili e Macro: - Alcune tastiere offrono la possibilità di programmazione dei tasti o di registrazione di macro, utili per eseguire rapidamente sequenze di comandi o azioni complesse con una sola pressione di un tasto. 4. Tasti Multimediali e Funzionalità Aggiuntive: - Alcune tastiere includono tasti dedicati per controllare la riproduzione multimediale, regolare il volume o accedere direttamente a determinate funzioni del sistema. - Funzionalità aggiuntive come la resistenza alle schizzi d'acqua o la possibilità di sollevare i piedini per inclinare la tastiera possono essere importanti per alcuni utenti. 5. Connessione e Compatibilità: - Le tastiere possono essere collegate al computer tramite cavo USB, Bluetooth o wireless proprietarie. È importante scegliere una tastiera compatibile con il tuo sistema operativo e con le connessioni disponibili sul tuo computer. 6. Estetica e Personalizzazione: - La tastiera è anche un elemento visivo importante sulla scrivania del tuo PC. Alcune tastiere offrono design personalizzabili, illuminazione RGB programmabile e cover intercambiabili per adattarsi al tuo stile personale. Quando si tratta di scegliere una tastiera per PC, non c'è una risposta universale. La scelta dipende dalle tue esigenze personali, dalle preferenze di digitazione e dalle attività per le quali utilizzerai la tastiera. Prima di acquistare, è consigliabile fare ricerche approfondite, leggere recensioni e, se possibile, provare diverse tastiere per trovare quella che si adatta meglio alle tue esigenze e al tuo stile di lavoro o gioco. Ricorda che una tastiera di qualità può migliorare notevolmente la tua produttività e il tuo comfort durante l'utilizzo del computer.
Autore: by Antonello Camilotto 9 giugno 2025
Nel mondo degli smartphone, una domanda continua a dominare le conversazioni tra consumatori e appassionati di tecnologia: perché così tante persone scelgono Android? Nonostante la presenza agguerrita di concorrenti come Apple con il suo sistema operativo iOS, Android continua a detenere una quota di mercato globale superiore al 70%. Ma quali sono le vere ragioni di questo successo? 1. Una scelta per tutte le tasche Uno dei principali punti di forza di Android è l'ampia gamma di dispositivi che lo utilizzano. Dai modelli entry-level da meno di 100 euro agli smartphone di fascia alta che superano i mille euro, Android si adatta a ogni tipo di budget. Questo pluralismo tecnologico è reso possibile dal fatto che Android è un sistema operativo open source, adottato da produttori di tutto il mondo come Samsung, Xiaomi, Oppo, Motorola e molti altri. 2. Libertà e personalizzazione Gli utenti Android spesso sottolineano la libertà offerta dal sistema rispetto alla concorrenza. La possibilità di personalizzare l’interfaccia, scegliere launcher alternativi, modificare le impostazioni di sistema e accedere a funzionalità avanzate è vista come un valore aggiunto. Anche il sideloading delle app — cioè l’installazione di software da fonti esterne al Google Play Store — è una libertà che molti utenti avanzati apprezzano. 3. Innovazione e varietà Molte delle innovazioni hardware più recenti arrivano prima su Android: schermi pieghevoli, fotocamere con sensori da 200 megapixel, ricarica ultraveloce e design sperimentali sono spesso testati per primi su dispositivi Android. La concorrenza interna tra produttori stimola un’evoluzione continua e veloce, che porta benefici diretti agli utenti. 4. Integrazione con Google Per chi utilizza regolarmente i servizi Google (Gmail, Maps, Google Foto, Drive, Assistant), Android rappresenta l’ambiente più integrato e funzionale. Il sistema operativo è progettato per dialogare perfettamente con l’ecosistema Google, semplificando la vita digitale quotidiana. 5. Disponibilità globale Un altro elemento chiave del successo di Android è la sua capillarità nei mercati emergenti. In molte nazioni del Sud America, dell’Asia e dell’Africa, Android è l’unica vera alternativa sostenibile a livello economico. La sua accessibilità ha permesso a milioni di persone di accedere per la prima volta a Internet tramite uno smartphone. 6. Aggiornamenti più frequenti, ma non per tutti Negli anni, Google ha cercato di migliorare la frammentazione del sistema operativo — una delle critiche più frequenti ad Android. Oggi, grazie a progetti come Android One e Android Go, anche dispositivi meno potenti possono ricevere aggiornamenti più regolari e un'esperienza utente più fluida. In conclusione, Android è diventato lo standard globale non solo per la sua accessibilità economica, ma anche per la sua versatilità e capacità di adattarsi a esigenze e mercati differenti. Se la filosofia di Apple è quella dell’ecosistema chiuso e integrato, Android punta invece sulla libertà, sull’innovazione distribuita e su un approccio aperto. E per milioni di utenti, è proprio questa filosofia a fare la differenza. 
Autore: by Antonello Camilotto 9 giugno 2025
Nell’era digitale, la nostra vita è sempre più connessa: operazioni bancarie, comunicazioni personali, acquisti e persino lavoro si svolgono online. Questa comodità, però, ha anche un rovescio della medaglia: le truffe digitali sono sempre più diffuse, sofisticate e mirate. Difendersi è possibile, ma è necessario essere informati, prudenti e aggiornati. Le principali truffe digitali Conoscere il nemico è il primo passo per proteggersi. Ecco alcune delle truffe più comuni: Phishing: email o messaggi ingannevoli che imitano istituzioni affidabili (banche, servizi postali, aziende tech) e chiedono di cliccare su link o fornire dati personali. Smishing e Vishing: versioni del phishing via SMS (smishing) o tramite telefonate (vishing). Frodi nei marketplace: venditori o acquirenti fittizi che cercano di estorcere denaro o dati. Falsi investimenti online: promesse di guadagni rapidi tramite criptovalute, trading o start-up fantasma. Ransomware: software malevoli che bloccano i dati di un dispositivo e chiedono un riscatto per sbloccarli. Come proteggersi: 10 regole fondamentali Non fidarti delle apparenze: controlla sempre mittenti, URL e loghi. Una banca non ti chiederà mai le credenziali via email o SMS. Usa password robuste e diverse: evita combinazioni banali e riutilizzi. Un gestore di password può aiutarti a gestirle in sicurezza. Attiva l’autenticazione a due fattori (2FA): una barriera extra in caso di furto di password. Aggiorna i tuoi dispositivi: sistema operativo, browser e antivirus devono essere sempre aggiornati per evitare vulnerabilità. Non cliccare su link sospetti: se ricevi un messaggio anomalo, verifica direttamente dal sito ufficiale o contatta il servizio clienti. Controlla l’affidabilità dei siti: prima di inserire dati o fare acquisti, verifica che il sito sia sicuro (https e presenza di recensioni). Limita la condivisione di dati sui social: ogni informazione può essere usata per profilarti e truffarti. Diffida da chi promette troppo: guadagni facili, offerte esclusive e urgenze sospette sono spesso trappole. Fai attenzione alle reti Wi-Fi pubbliche: non usare reti non protette per operazioni sensibili. Segnala le truffe: se sei vittima o sospetti una truffa, contatta le autorità competenti (es. Polizia Postale in Italia). La sicurezza online non dipende solo dalla tecnologia, ma anche dal nostro comportamento. Essere consapevoli, attenti e prudenti è la migliore difesa contro le truffe digitali. In un mondo sempre più connesso, la vera forza è la conoscenza. Proteggi i tuoi dati, proteggi te stesso.
Autore: by Antonello Camilotto 5 giugno 2025
L’Image Scam rappresenta una delle minacce emergenti più subdole e insidiose. Questo tipo di truffa sfrutta immagini apparentemente innocue o accattivanti per ingannare gli utenti, indurli a cliccare su link dannosi, fornire dati personali o compiere azioni non intenzionali. L’Image Scam non è un semplice inganno visivo: è una truffa che unisce ingegneria sociale e manipolazione digitale per colpire individui, aziende e persino interi ecosistemi digitali. Cos'è un Image Scam? Un Image Scam è una truffa che utilizza immagini modificate, manipolate o caricate in modo ingannevole per raggiungere uno scopo fraudolento. Le immagini possono contenere: Link nascosti o QR code che rimandano a siti di phishing; Messaggi falsi scritti all'interno dell'immagine (es. finti avvisi di sicurezza); Screenshot truccati di conti bancari, pagamenti o conversazioni; Falsi profili social con immagini rubate da Internet per creare identità credibili; Immagini AI-generated difficili da distinguere dalla realtà, usate per trarre in inganno l’utente. Come Funziona La dinamica è semplice ma efficace: Creazione o reperimento dell’immagine truffaldina: può essere una foto reale rubata, modificata o generata con intelligenza artificiale. Diffusione tramite social, email, messaggi o siti web: le immagini vengono pubblicate o inviate con messaggi accattivanti o allarmanti. Interazione dell’utente: cliccando sull’immagine, sul link incorporato o seguendo le istruzioni contenute, l’utente può essere reindirizzato su siti fraudolenti, scaricare malware o fornire inconsapevolmente dati sensibili. Esfiltrazione dei dati o attivazione della truffa: una volta ingannato l’utente, il truffatore può rubare credenziali, accedere a conti bancari, o avviare una richiesta di denaro. Esempi Comuni Finti annunci di lavoro con immagini aziendali professionali e offerte troppo allettanti per essere vere. Truffe sentimentali: profili falsi che usano foto rubate per creare relazioni finte online. False promozioni o concorsi su Instagram o WhatsApp, spesso corredate da loghi noti e immagini accattivanti. QR code truffaldini stampati su locandine o post online, che indirizzano a siti clone o a malware. Perché è così pericoloso L’Image Scam è difficile da riconoscere perché gioca sulla fiducia visiva: una bella immagine, un logo noto, una grafica professionale possono convincere anche l’utente più attento. Inoltre, gli algoritmi di social media premiano contenuti visivi, amplificandone la diffusione. In un mondo in cui le immagini valgono più delle parole, questo tipo di truffa ha un impatto maggiore rispetto ai tradizionali messaggi testuali fraudolenti. Come Proteggersi Ecco alcune precauzioni utili: Non cliccare mai su link contenuti in immagini sospette. Verificare la fonte: se un’immagine contiene un’offerta, una notizia o un avviso, cercarne conferma sul sito ufficiale o tramite canali ufficiali. Non fidarsi ciecamente dei QR code, soprattutto se ricevuti da fonti non verificate. Utilizzare software antivirus e anti-phishing aggiornati. Segnalare contenuti sospetti su piattaforme social o ai servizi competenti. L’Image Scam è una minaccia reale e in continua evoluzione, resa ancora più pericolosa dall’uso di tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa. Saperla riconoscere è il primo passo per difendersi. In un mondo digitale sempre più visivo, l’attenzione ai dettagli e la verifica delle fonti diventano armi essenziali per proteggere sé stessi e gli altri da questa nuova forma di inganno.
Autore: by Antonello Camilotto 30 maggio 2025
Nel mondo della tecnologia e dell’informatica, ci sono innovatori il cui contributo è stato ampiamente riconosciuto e celebrato, mentre altri sono stati ingiustamente dimenticati. Uno di questi è Jacek Karpiński, un ingegnere e inventore polacco che sviluppò uno dei primi computer in grado di competere con quelli occidentali: il KAR-65. Tuttavia, a causa di circostanze politiche e burocratiche, il suo straordinario lavoro non ricevette il riconoscimento che meritava. Chi era Jacek Karpiński? Jacek Karpiński nacque nel 1927 in Polonia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, partecipò all'Insurrezione di Varsavia, rischiando la vita per la libertà del suo paese. Dopo la guerra, studiò ingegneria elettronica e informatica all’Università di Varsavia, emergendo come uno dei più brillanti innovatori tecnologici polacchi. Negli anni ‘60, Karpiński sviluppò il KAR-65, un computer pionieristico che superava in efficienza e prestazioni molte delle macchine occidentali dell’epoca. Il KAR-65 era un elaboratore a transistor, capace di eseguire 100.000 operazioni al secondo, un risultato impressionante per il tempo. Le caratteristiche del KAR-65 Il KAR-65 fu progettato per applicazioni scientifiche e di ingegneria e si distingueva per: Architettura avanzata: utilizzava la tecnologia dei transistor invece delle valvole, riducendo il consumo energetico e migliorando l'affidabilità. Velocità e prestazioni: eseguiva calcoli complessi a una velocità notevole per l’epoca. Dimensioni compatte: rispetto ai giganteschi mainframe occidentali, il KAR-65 era più piccolo e pratico. Grazie a queste caratteristiche, il KAR-65 avrebbe potuto rappresentare un salto tecnologico per la Polonia e per l’Europa dell’Est. Tuttavia, il destino del progetto fu segnato da ostacoli politici. Il sabotaggio del progresso Nonostante il suo potenziale rivoluzionario, il KAR-65 non venne mai prodotto su larga scala. Le autorità comuniste polacche, sotto l’influenza dell’URSS, non videro di buon occhio l’idea di un computer avanzato sviluppato in Polonia e preferirono importare tecnologia dall’Unione Sovietica. Jacek Karpiński venne ostacolato e marginalizzato. Anziché essere supportato, fu costretto ad abbandonare la ricerca tecnologica e, negli anni successivi, si ritrovò a lavorare in settori completamente diversi, tra cui l’allevamento di maiali. Questa vicenda è un esempio lampante di come la politica possa soffocare l’innovazione. L'eredità di Karpiński Solo decenni dopo, il contributo di Karpiński è stato riconosciuto dagli storici della tecnologia. Il KAR-65, purtroppo, non ebbe l’impatto che avrebbe potuto avere, ma rimane una testimonianza dell'ingegno straordinario di un uomo che, in un contesto diverso, avrebbe potuto essere considerato alla pari di pionieri come Alan Turing o Steve Jobs. Oggi, il nome di Jacek Karpiński è sempre più apprezzato nelle comunità scientifiche e tra gli appassionati di informatica, come simbolo del potenziale inespresso di un genio ostacolato dal suo tempo. Il suo lavoro continua a ispirare le nuove generazioni di ingegneri e sviluppatori, ricordando l’importanza della libertà nella ricerca e nell’innovazione tecnologica. 
Autore: by Antonello Camilotto 29 maggio 2025
Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di “Brain Rot”, un termine informale e provocatorio usato per descrivere il presunto deterioramento delle capacità cognitive causato da un uso eccessivo di smartphone, social network e altri dispositivi digitali. Ma quanto c’è di vero? È davvero possibile che passare troppo tempo davanti agli schermi possa “rovinare” il cervello? Cos’è il Brain Rot? Il termine “Brain Rot” non è scientifico, ma nasce nel linguaggio popolare del web, in particolare tra i giovani, per descrivere una sensazione di stanchezza mentale, perdita di concentrazione e appiattimento emotivo dopo ore passate su TikTok, Instagram, YouTube o scorrendo contenuti senza fine. Non indica una patologia vera e propria, ma può essere un campanello d’allarme di un malessere più profondo. Cosa dicono gli esperti? Numerosi studi mostrano che l’uso prolungato di schermi, in particolare senza pause e senza un intento preciso (come lo scrolling passivo), può influenzare negativamente: L’attenzione: il cervello si abitua a cambiamenti rapidi e stimoli continui, rendendo più difficile concentrarsi su compiti lunghi o noiosi. La memoria: l’iperstimolazione digitale può sovraccaricare il sistema cognitivo, riducendo la capacità di consolidare i ricordi. Il sonno: l’esposizione alla luce blu, soprattutto di sera, interferisce con la produzione di melatonina, compromettendo la qualità del riposo. L’umore: il confronto costante con vite “perfette” online può aumentare ansia, stress e sintomi depressivi, soprattutto nei più giovani. C’è una via di mezzo Non si tratta di demonizzare la tecnologia. Smartphone e social possono essere strumenti utili, creativi e persino terapeutici se usati con consapevolezza. Il problema nasce quando diventano un rifugio automatico, una risposta alla noia o un’abitudine incontrollata. Come proteggere il cervello digitale Ecco alcune strategie suggerite da neuroscienziati e psicologi per evitare gli effetti negativi del sovraccarico digitale: Pause regolari: applica la regola del 20-20-20 (ogni 20 minuti guarda qualcosa a 20 piedi di distanza per almeno 20 secondi). Tempo offline programmato: crea zone e orari senza schermi, come durante i pasti o prima di dormire. Attività analogiche: leggi un libro, esci a camminare, parla con qualcuno dal vivo. Il cervello ha bisogno di varietà. Contenuti di qualità: segui account che stimolano la curiosità e il pensiero critico, non solo intrattenimento passivo. Il cervello umano è plastico, cioè si adatta continuamente agli stimoli che riceve. Se ci abituiamo a stimoli veloci, brevi e superficiali, rischiamo di perdere la capacità di concentrazione e profondità. Non è il digitale in sé a “rovinare” il cervello, ma l’uso eccessivo e inconsapevole che possiamo farne. La chiave sta, come spesso accade, nell’equilibrio.
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