Claude Elwood Shannon, creatore della moderna crittografia


๏ปฟChi ha come mission, occuparsi di sicurezza informatica e quindi anche di crittografia, deve necessariamente passare attraverso le figure di due giganti dello scorso secolo. Parliamo di: Alan Turing e Claude Elwood Shannon.


Il primo, ha formalizzato il concetto di algoritmo. Creato una macchina con una struttura logica in grado di eseguire un qualsiasi algoritmo (Il computer universale); il secondo ci ha dato un’immagine chiara del concetto di informazione insieme con altre teorie diventate poi i punti cardine nella trasmissione dell’informazione.


Durante la seconda guerra mondiale i militari investono molto nello studio della crittografia. Sia Turing che Shannon vennero impiegati dai rispettivi eserciti, britannico e statunitense, come crittoanalisti.


Nel 1949 Shannon pubblicò Communication Theory of Secrecy Systems creando così la moderna crittografia, dove descrisse dei criteri generali che un buon sistema di cifratura deve rispettare per considerarsi affidabile.


La Crittografia


La crittografia “scrittura segreta” ha come scopo quello di nascondere, di rendere incomprensibile, all’interesse altrui, i messaggi che si scambiano due interlocutori.


Consente la cifratura di un testo e la decifratura di un crittogramma. Non è una tecnica recente, anzi, Svetonio, storico romano, nella sua Vita dei Cesari scrive che già Giulio Cesare usava una scrittura segreta per la sua corrispondenza riservata.

Per fare ciò Cesare usava un algoritmo(metodo) di cifratura a sostituzione conosciuto oggi come Cifrario di Cesare. La cifratura di Cesare consisteva nel sostituire le lettere di un testo in chiaro con altre lettere che occupavano posti più avanti nell’alfabeto.


La famiglia Shannon


Gaylord è una piccola e ridente cittadina rurale di 3000 abitanti immersa nel verde. Frutteti, boschi di aceri, faggi. Una cittadina del Michigan dove il signor Claude Shannon Sr. vive ed è gestore di un negozio di mobili. La signora Mabel Wolf (Nata a Lansing il 14 settembre 1880) seconda moglie di Shannon Sr, figlia di un emigrato dalla Germania, insegna lingue in un liceo della sua città natale, Lansing è situata a pochi chilometri da Gaylord.


I due convolarono a nozze nell’agosto del 1909. Nella piccola città di Lansing. Molto religiosi e devoti fedeli, erano assidui frequentatori di una locale chiesa protestante. Ebbero due figli, la primogenita Catherine, nata nel 1910, e Claude Jr. nato nel 1916.


Infanzia


Claude Elwood Shannon nacque a Petoskey, in Michigan, il 30 aprile del 1916. trascorre la sua infanzia nella città di Gaylord, una infanzia normale, nella quale a eccellere in famiglia non è Lui ma la sorella maggiore. Studentessa modello con il bernoccolo per la matematica e dotata di una spiccata creatività alla quale si aggiungeva la passione per la musica e per il pianoforte. Catherine riesce a laurearsi in matematica alla Michigan University.


Una tale preparazione suscitò molta curiosità in Claude e una spinta a fare meglio, infatti fu proprio Lui in un momento successivo a dichiarare: “Il talento di mia sorella per la matematica potrebbe aver indotto il mio interesse per la matematica”.


Claude conseguì il diploma alla Gaylord High School nel 1932, riuscendo contemporaneamente a svolgere piccoli lavoretti, tra i quali: consegnare telegrammi e riparare radio. Nello stesso periodo il suo interesse per come funzionassero le cose e per il fare, un Maker ante litteram, lo spinsero verso la realizzazione di apparecchiature, come, la costruzione di un telegrafo con il quale riuscì a collegare casa sua con quella di un suo amico, cablando con il filo spinato che circondava e proteggeva le loro abitazioni.


Studi


Claude consegue il diploma alla Gaylord High School nel 1932. Seguendo le orme di famiglia si iscrive all’università, la madre Mabel e la sorella Catherine erano entrambe laureate. Alla Michigan University, nel 1936 taglia il primo traguardo dove consegue la laurea di primo livello in matematica.


La sua passione per lo studio, il crescente bisogno di ingegneri, imposto anche dagli infausti eventi storci che l’America e il mondo attraversavano, gli suggeriscono continuare l’università e di approfittare di un annuncio che vede attaccato alla bacheca del Dipartimento di Ingegneria Elettrica del MIT.


Tale annuncio bandiva un posto come studente-assistente alla realizzazione del famoso analizzatore differenziale, un computer analogico elettromeccanico, progettato per risolvere equazioni differenziali. La fortuna è dalla sua parte, entra al MIT, Claude consegue(grazie anche al vantaggio ricevuto dalla sovrapposizione di molti degli esami dei due differenti corsi) la laurea in ingegneria elettrica. In seguito, Shannon dichiarerà: “Grazie a questa sovrapposizione di esami, la seconda laurea non mi è costata molto fatica.”


MIT


Al MIT entra nel gruppo di Vannevar Bush, creatore dell’analizzatore differenziale. Bush grazie al suo spessore scientifico e alla sua notorietà nel mondo accademico americano, in seguito venne anche assegnato, espressamente dal presidente Roosevelt, prima alla National Defense Research Committee, contribuendo allo sviluppo di apparati militari con dei ruoli perfino nel Progetto Manhattan.


In quanto assistente le mansioni di Shannon consistevano nel manutenere e nel controllare i complessi componenti dell’analizzatore. Componenti composti anche da centinaia e centinaia di relè. Ma la svolta, il giro di boa arriva nel 1937, quando dal MIT si reca a New York, in un luogo nel quale un altro gruppo di persone stava simultaneamente studiando di avvicinare la logica matematica alla progettazione dei circuiti.


Quel luogo erano i Bell Laboratories a quei tempi laboratori della compagnia telefonica americana, nei quali Shannon si recava per un tirocinio estivo.


La svolta


Dopo questo periodo di tirocinio estivo, Shannon inizia a comporre il suo puzzle mentale, mette insieme per la prima volta, le conoscenze che aveva della logica di Boole con i circuiti. Combinando così l’algebra Booleana(l’algebra sviluppata a metà del XIX secolo dal matematico inglese George Boole) con i circuiti elettrici a commutazione allo scopo di semplificare la commutazione telefonica nelle reti con interruttori e relè.


Le sue idee e i suoi studi vennero pubblicati nella tesi di master del MIT:” A Symbolic Analysis of Relay and Switching Circuits” pubblicata nel 1938 sulle “Transactions of the American Institute of Electrical Engineers”. Nei decenni successivi fu definita «la più importante tesi che sia mai stata scritta».


Una curiosità, possiamo ascoltare la nostra musica preferita su dispositivi digitali, grazie solo al Teorema Shannon, il quale nel 1948 enuncio è dimostrò de il teorema del campionamento, che consente di stabilire le condizioni in cui è possibile trasformare un segnale analogico in uno digitale senza degradare la qualità. Ma non solo, un altro importante Teorema di Shannon è usato nelle telecomunicazioni, e prende il nome di: Teorema della codifica in presenza di rumore.


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Autore: by Antonello Camilotto 28 ottobre 2025
Negli ultimi trent’anni, la rivoluzione digitale ha modificato profondamente non solo le nostre abitudini quotidiane, ma anche il modo in cui ci esprimiamo. Il linguaggio del Web — fatto di abbreviazioni, emoji, hashtag e neologismi — ha introdotto un nuovo codice comunicativo, capace di fondere oralità e scrittura in una forma del tutto inedita. Con l’avvento dei social network, la comunicazione è diventata più immediata, sintetica e visiva. Le parole si accompagnano a immagini, gif e simboli che sostituiscono intere frasi o stati d’animo. Un semplice “๐Ÿ˜‚” può raccontare più di una battuta ben scritta, mentre un hashtag come #mood racchiude in poche lettere una sensazione condivisa. È il trionfo della comunicazione rapida, dell’istantaneità, dove l’importante non è solo cosa si dice, ma come lo si rappresenta. La rete ha anche favorito la nascita di un linguaggio globale, ibrido e in continua evoluzione. Termini inglesi, abbreviazioni e sigle — da LOL a DM, da follower a streaming — sono entrati nel lessico quotidiano di milioni di persone, superando barriere linguistiche e culturali. Tuttavia, questa evoluzione non è priva di critiche: secondo molti linguisti, la semplificazione del linguaggio online rischia di ridurre la complessità del pensiero e di appiattire le sfumature emotive. D’altro canto, la rete ha anche dato voce a chi prima non ne aveva. Forum, blog e piattaforme social hanno permesso a individui e comunità di esprimersi, raccontarsi e costruire nuove forme di identità collettiva. Il linguaggio del Web non è dunque solo una questione di parole, ma anche di partecipazione, di democrazia comunicativa, di libertà espressiva. In definitiva, il linguaggio del Web è lo specchio di un’epoca in costante mutamento: dinamico, fluido, inclusivo, ma anche frammentato e veloce. Come ogni linguaggio, riflette la società che lo usa — e oggi quella società è sempre più connessa, globale e digitale. La sfida sarà imparare a usare questo nuovo codice senza perdere la profondità e la ricchezza che da sempre caratterizzano la comunicazione umana. ๏ปฟ
Autore: by Antonello Camilotto 28 ottobre 2025
I chatbot basati sull’intelligenza artificiale stanno diventando sempre più sofisticati e accessibili, tanto che molte persone iniziano a chiedersi se possano davvero sostituire un professionista della salute mentale. La risposta, tuttavia, è no: non è una buona idea sostituire il proprio psicologo con un’intelligenza artificiale, almeno con le tecnologie attualmente disponibili. L’AI, per quanto avanzata, rimane priva di empatia reale. Può simulare comprensione ed elaborare risposte coerenti, ma non prova emozioni, non percepisce il tono della voce, lo sguardo o la postura dell’interlocutore, tutti elementi fondamentali nella relazione terapeutica. La psicoterapia non è solo scambio di parole, ma un processo complesso che si fonda sulla fiducia, sull’intuizione e sulla capacità umana di cogliere segnali sottili, spesso inconsci. Ciò non significa che i chatbot non possano avere un ruolo nel campo del benessere psicologico. In contesti di emergenza o in aree dove i servizi di salute mentale sono carenti o inaccessibili, gli strumenti di AI “terapeutici” possono offrire un supporto temporaneo, una sorta di “primo soccorso emotivo”. Possono aiutare a gestire momenti di ansia, solitudine o stress, fornendo strategie di coping o spunti di riflessione. Tuttavia, si tratta di un sostegno limitato e non paragonabile a un percorso psicologico guidato da un esperto. I rischi aumentano quando si utilizzano chatbot “generici”, come ChatGPT, per scopi terapeutici. Questi modelli non sono progettati per affrontare problemi di salute mentale e, in alcuni casi, hanno mostrato comportamenti problematici: risposte inappropriate, rafforzamento di convinzioni pericolose o addirittura incoraggiamento involontario di pensieri dannosi. In definitiva, l’intelligenza artificiale può essere un valido strumento di supporto o di orientamento, ma non un sostituto del contatto umano. Il dialogo con uno psicologo resta insostituibile perché basato sull’empatia, sulla comprensione profonda e sulla capacità di adattarsi alla complessità unica di ogni individuo.
Autore: by Antonello Camilotto 8 ottobre 2025
Gary McKinnon, noto anche come "Solo" (Glasgow, 10 febbraio 1966), è un programmatore e hacker britannico accusato dalle autorità statunitensi di aver compiuto "la più grande intrusione informatica mai registrata nei sistemi di difesa". ๏ปฟ Catturato nel Regno Unito dopo una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti — considerata da alcuni una persecuzione nei confronti di un capro espiatorio —, nel 2012 il Regno Unito negò l’estradizione verso gli USA. Affetto dalla sindrome di Asperger, McKinnon è ritenuto da molti una delle menti informatiche più brillanti dei nostri tempi. Ha dichiarato di essere motivato dalla ricerca di prove sull’esistenza degli UFO, sostenendo di essere certo che i militari statunitensi detenessero tecnologia per l’antigravità e che il governo americano cercasse di sopprimere la diffusione della cosiddetta "energia libera". Da solo, McKinnon scansionò migliaia di computer governativi e individuò gravi falle di sicurezza in molti di essi. Tra febbraio 2001 e marzo 2002 violò quasi un centinaio di macchine appartenenti all’Esercito, alla Marina, all’Aeronautica, alla NASA e al Dipartimento della Difesa. Per mesi si muovette all’interno di quei sistemi, copiando file e password; in un episodio paralizzò la rete dell’esercito americano a Washington, DC, rendendo inutilizzabili circa 2.000 computer per tre giorni. Nonostante le sue competenze, non riuscì a nascondere le tracce e fu individuato in un piccolo appartamento a Londra. Nel marzo 2002 la National Hi-Tech Crime Unit del Regno Unito lo arrestò: all’epoca era un tranquillo scozzese di 36 anni, con tratti che qualcuno descriveva come elfico e sopracciglia pronunciate in stile Spock. Era stato amministratore di sistema, ma al momento dell’arresto non aveva un impiego fisso e trascorreva le giornate coltivando la sua ossessione per gli UFO. A quattordici anni imparò da autodidatta a programmare videogiochi ambientati nello spazio sul suo computer Atari. Entrò nella British UFO Research Association e trovò una comunità di appassionati con interessi simili; sua madre ricorda che lo interrogò sul patrigno, cresciuto a Bonnybridge, località nota per avvistamenti UFO. Dopo aver lasciato la scuola secondaria, alternò diversi lavori di supporto tecnico. Dopo aver letto The Hacker’s Handbook, manuale degli anni Ottanta, iniziò a sperimentare le tecniche suggerite e nel 2000 decise di cercare prove sugli UFO nei sistemi informatici governativi statunitensi. Concentrato e ossessivo, mise a punto metodi per introdursi nelle macchine. Con Perl scrisse uno script che gli consentiva di scansionare fino a 65.000 computer in meno di otto minuti e scoprì che molti impiegati federali non avevano cambiato le password predefinite. Sorpreso dalla scarsa sicurezza, installò su quegli apparecchi il software RemotelyAnywhere, che permette l’accesso e il controllo remoto; in questo modo poteva spostarsi tra i sistemi, trasferire o cancellare file e interrompere l’attività quando rilevava altri accessi. Si spostò virtualmente da Fort Meade fino al Johnson Space Center della NASA in cerca di tracce di vita extraterrestre; raccontò di aver trovato un elenco di "ufficiali non terrestri" della Marina e una foto di un oggetto a sigaro con cupole geodetiche, foto che però non riuscì a salvare perché in JavaScript. Alimentò la sua ossessione e il piacere dell’hacking: come disse al Guardian nel 2005, era diventato una dipendenza, simile al desiderio di affrontare sfide di sicurezza sempre più complesse. La sua attività venne però scoperta: il Dipartimento di Giustizia statunitense non ha reso pubblici i dettagli su come sia stato rintracciato, ma McKinnon sostiene che la sua intrusione fu individuata quando si collegò al Johnson Space Center in un momento sfortunato; l’accesso fu subito interrotto e, secondo la sua ricostruzione, il ritrovamento del software RemotelyAnywhere sul sistema avrebbe portato agli acquisti associati al suo indirizzo e-mail.
Autore: by Antonello Camilotto 8 ottobre 2025
Brendan Eich è una delle figure più influenti nella storia dell’informatica moderna. Nato nel 1961 a Pittsburgh, in Pennsylvania, è conosciuto soprattutto per aver creato JavaScript, uno dei linguaggi di programmazione più utilizzati al mondo. Tuttavia, la sua carriera va ben oltre questo contributo: Eich è anche uno dei fondatori di Mozilla e, successivamente, il creatore del browser Brave e della criptovaluta Basic Attention Token (BAT). Gli inizi e la creazione di JavaScript Dopo aver conseguito una laurea in matematica e informatica alla Santa Clara University e un master all’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, Eich lavorò per Silicon Graphics e MicroUnity. Nel 1995 entrò in Netscape Communications, dove gli fu affidato un compito che avrebbe cambiato per sempre il web: sviluppare un linguaggio di scripting da integrare nel browser Netscape Navigator. Incredibilmente, Eich scrisse la prima versione di JavaScript in soli dieci giorni. L’obiettivo era creare un linguaggio facile da apprendere per gli sviluppatori web, capace di rendere le pagine dinamiche e interattive senza la necessità di compilazione. Il risultato fu un linguaggio flessibile, interpretato e basato su concetti del linguaggio Scheme e della sintassi di Java. Nel giro di pochi anni, JavaScript divenne uno standard del web, adottato da tutti i principali browser e poi formalizzato come ECMAScript dal consorzio ECMA International. L’era Mozilla Dopo la fusione di Netscape con AOL, Eich continuò a lavorare sul progetto Mozilla, un’iniziativa open source nata per creare un browser libero e indipendente. Nel 2003 fu tra i fondatori della Mozilla Foundation, che avrebbe poi dato vita a Firefox, uno dei browser più popolari e apprezzati per la sua attenzione alla privacy e alla libertà dell’utente. Nel 2014 Eich fu nominato CEO di Mozilla, ma la sua permanenza durò solo pochi giorni a causa di polemiche legate a una sua donazione politica del 2008. Dopo le dimissioni, si allontanò temporaneamente dai riflettori, per poi tornare con un nuovo progetto che avrebbe combinato tecnologia blockchain e navigazione web. Brave e la rivoluzione della privacy Nel 2015 Eich fondò Brave Software, l’azienda dietro il browser Brave. L’obiettivo era ambizioso: creare un browser veloce, sicuro e attento alla privacy, capace di bloccare di default la pubblicità invasiva e i tracciatori. Allo stesso tempo, Brave proponeva un nuovo modello economico basato sulla criptovaluta Basic Attention Token (BAT), che consente agli utenti di essere ricompensati per l’attenzione prestata agli annunci pubblicitari. Brave rappresenta una risposta concreta ai problemi di privacy e sostenibilità economica del web moderno, incarnando la visione di Eich di un internet più equo e rispettoso dell’utente. Eredità e impatto Il contributo di Brendan Eich va ben oltre la creazione di un linguaggio di programmazione: ha influenzato profondamente la struttura stessa del web. JavaScript è oggi la base dello sviluppo front-end, presente in milioni di siti e applicazioni. Allo stesso tempo, attraverso Mozilla e Brave, Eich ha promosso un’idea di internet aperto, trasparente e orientato alla libertà individuale. In definitiva, Brendan Eich è una figura complessa e visionaria: un innovatore tecnico, un sostenitore dell’open source e un imprenditore che continua a ridefinire i confini del web.
Autore: by Antonello Camilotto 2 ottobre 2025
Il termine data breach è ormai entrato nel linguaggio comune, spesso associato a scenari catastrofici e notizie di cronaca legate alla perdita o al furto di dati sensibili. Tuttavia, intorno a questo fenomeno circolano ancora molti luoghi comuni che rischiano di far abbassare la guardia o, al contrario, di alimentare panico ingiustificato. Facciamo chiarezza, sfatando alcuni miti diffusi. Mito 1: “Un data breach riguarda solo le grandi aziende” La realtà è opposta: anche le piccole e medie imprese sono bersaglio frequente di attacchi informatici. Spesso, anzi, risultano più vulnerabili perché non dispongono delle stesse risorse per la sicurezza informatica di una multinazionale. Nessuna organizzazione è troppo piccola per essere presa di mira: i criminali cercano opportunità, non dimensioni. Mito 2: “I data breach avvengono solo dall’esterno” Non sempre le violazioni derivano da hacker esterni. Una parte significativa dei data breach è dovuta a errori interni, negligenze o comportamenti scorretti da parte di dipendenti e collaboratori. Anche una semplice e-mail inviata al destinatario sbagliato può costituire un data breach. Mito 3: “Se i dati non sono sensibili, non c’è pericolo” Ogni informazione ha valore. Anche dati apparentemente innocui, come indirizzi e-mail o numeri di telefono, possono essere utilizzati per campagne di phishing, furto di identità o social engineering. Minimizzare l’importanza delle informazioni può favorire l’esposizione a rischi seri. Mito 4: “Un data breach si risolve con la tecnologia” Gli strumenti tecnologici sono indispensabili, ma da soli non bastano. La sicurezza è anche una questione di processi, formazione del personale e cultura aziendale. La prevenzione richiede un approccio integrato che includa procedure chiare, consapevolezza degli utenti e piani di risposta agli incidenti. Mito 5: “Se non si parla del problema, sparisce” Ignorare o sottovalutare un data breach è un errore grave. La normativa, come il GDPR in Europa, impone obblighi stringenti in materia di notifica e gestione delle violazioni. Tentare di nascondere un incidente può comportare sanzioni pesanti e danni reputazionali difficili da recuperare. I data breach non sono eventi rari né circoscritti a contesti specifici: rappresentano una minaccia concreta per qualsiasi realtà, indipendentemente dalla dimensione o dal settore. Per difendersi è necessario superare i falsi miti, adottare un approccio consapevole e proattivo e considerare la sicurezza dei dati come una responsabilità condivisa da tutta l’organizzazione.
Autore: by Antonello Camilotto 2 ottobre 2025
Chi scrive ai comuni italiani, spesso non ci pensa: dietro ogni indirizzo di posta elettronica istituzionale c’è un fornitore di servizi che garantisce la consegna, la sicurezza e la gestione dei messaggi. Ma quali provider dominano davvero la corrispondenza digitale dei municipi del nostro Paese? Secondo un’analisi condotta su un campione rappresentativo di indirizzi istituzionali, il panorama è meno variegato di quanto ci si potrebbe aspettare. Gran parte delle amministrazioni si affida ancora a soluzioni tradizionali, spesso centralizzate a livello regionale o fornite da società pubbliche e partecipate. In prima linea ci sono infatti i servizi legati a Aruba, Microsoft e Google, che negli ultimi anni hanno guadagnato terreno anche grazie a convenzioni Consip e gare pubbliche. Non mancano però le eccezioni: alcuni comuni, soprattutto i più piccoli, utilizzano ancora provider locali o servizi gestiti da consorzi intercomunali, spesso legati a società informatiche regionali. Questa scelta, se da un lato garantisce vicinanza e assistenza personalizzata, dall’altro può tradursi in una minore capacità di aggiornamento tecnologico rispetto ai grandi player. Il tema non è secondario: l’adozione di un provider piuttosto che un altro influisce su sicurezza, interoperabilità e costi. Nel pieno delle politiche di digitalizzazione promosse dal PNRR e dall’AgID, la scelta del servizio di posta elettronica diventa anche un tassello strategico. In particolare, la PEC (Posta Elettronica Certificata), strumento fondamentale per le comunicazioni ufficiali, resta saldamente in mano ad Aruba e ad altri operatori italiani accreditati, in linea con la normativa nazionale ed europea. La fotografia che emerge è quindi quella di un’Italia a più velocità: grandi città e capoluoghi sempre più orientati verso infrastrutture cloud internazionali, piccoli comuni che faticano a staccarsi da provider storici e soluzioni su misura. La sfida, nei prossimi anni, sarà garantire a tutti i municipi un’infrastruttura sicura, efficiente e interoperabile, senza lasciare indietro nessuno.
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