Divorzio sui Social Network: Chi ottiene la custodia dei follower?

by Antonello Camilotto

Negli ultimi anni, i social network sono diventati una parte fondamentale della nostra vita quotidiana, non solo a livello personale, ma anche professionale. Per molte coppie, condividere la propria relazione sui social media è una componente essenziale della loro immagine pubblica, soprattutto se uno o entrambi i partner sono influencer o creatori di contenuti. Ma cosa succede quando l'amore finisce? E, in un mondo dove follower e interazioni rappresentano capitale sociale e, spesso, economico, chi ottiene la “custodia” della community virtuale?


Follower come patrimonio comune


Quando una coppia si separa, le questioni legali tradizionali ruotano attorno alla divisione dei beni materiali e alla custodia dei figli. Tuttavia, oggi i follower sui social rappresentano un valore tangibile: un account con milioni di seguaci può generare significativi guadagni economici. In alcuni casi, il profilo social di coppia è stato costruito con il contributo attivo di entrambi i partner.


Chi ha diritto a mantenere il controllo su quell’account dopo la separazione?


La legge, al momento, non offre linee guida chiare su come trattare i follower, considerandoli più simili a un "bene immateriale" che a una proprietà tradizionale. Tuttavia, i tribunali potrebbero iniziare a vedere i follower come un asset, in particolare quando l'account è stato creato congiuntamente o viene utilizzato come strumento di lavoro.


Casi famosi di “separazione social”


Celebrità e influencer hanno già affrontato pubblicamente situazioni di questo tipo. Spesso, in caso di separazione, uno dei partner mantiene il controllo dell'account principale, mentre l'altro deve ricominciare da zero. Un esempio emblematico è rappresentato da coppie famose che, dopo la rottura, annunciano sui loro canali ufficiali il cambiamento, invitando i follower a supportare entrambi sui rispettivi nuovi percorsi.


Tuttavia, queste transizioni non sono sempre semplici. Alcuni follower si schierano con uno dei due partner, alimentando polemiche e spaccature nella community. Questo fenomeno, noto come “divorzio dei follower”, può danneggiare entrambi i soggetti coinvolti.


Chi decide? Il peso del contributo individuale


Uno dei criteri principali per stabilire chi debba mantenere il controllo di un account condiviso potrebbe essere il contributo individuale. Chi ha creato i contenuti principali? Chi gestiva l’interazione con la community? Questi fattori possono determinare a chi spetti la "custodia" dell’account.


Un altro aspetto rilevante è il legame personale con i follower. Se uno dei partner è la figura più riconoscibile del duo, potrebbe essere logico che sia lui o lei a mantenere il controllo del profilo. In alternativa, si potrebbero creare nuovi account separati, dividendo la community originaria.


Il ruolo degli accordi pre-rottura


Con l’aumento del numero di coppie che monetizzano la propria relazione sui social, alcuni esperti legali suggeriscono di stipulare accordi pre-rottura. Questi contratti potrebbero includere clausole che specificano come gestire gli account social in caso di separazione, evitando così conflitti futuri.


Il “divorzio sui social network” rappresenta un nuovo campo di battaglia legale ed emotivo. Con la crescente importanza economica dei social media, è probabile che vedremo un numero crescente di dispute legate alla “custodia” dei follower. In assenza di normative chiare, il consiglio migliore per le coppie è di essere trasparenti con i propri follower e, se possibile, trovare un accordo amichevole per la gestione degli account.


Dopotutto, i follower non sono solo numeri: sono persone che hanno scelto di investire tempo ed emozioni nel seguire un progetto o una storia. Gestire una separazione con rispetto e maturità è il modo migliore per mantenere intatta la fiducia della community e, magari, trasformare la fine di una relazione in un nuovo inizio positivo per entrambe le parti coinvolte.


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Autore: by Antonello Camilotto 23 giugno 2025
Nel mondo contemporaneo, dove la tecnologia permea ogni aspetto della vita quotidiana, nasce un concetto nuovo e affascinante: la spiritualità digitale. Ma cosa significa davvero questo termine? È solo un ossimoro moderno o rappresenta un'autentica evoluzione del modo in cui l'essere umano vive il sacro? La spiritualità al tempo del digitale La spiritualità è, da sempre, la ricerca di senso, connessione e trascendenza. È un'esperienza che va oltre la materialità, legata al bisogno di comprendere il proprio posto nell’universo. Con l'avvento della tecnologia digitale, questa ricerca si è trasformata, adattandosi ai nuovi mezzi e linguaggi. La spiritualità digitale non sostituisce la spiritualità tradizionale, ma la integra. Si manifesta nell'uso consapevole delle tecnologie per coltivare la consapevolezza, l'interiorità e la connessione con gli altri. Può prendere forma in molteplici modi: attraverso app di meditazione, comunità spirituali online, podcast sul benessere interiore, dirette social di leader religiosi o contenuti che promuovono la crescita personale. Le forme della spiritualità digitale App e piattaforme : Strumenti come Headspace, Insight Timer o Calm offrono meditazioni guidate, esercizi di respirazione e percorsi di consapevolezza accessibili ovunque. Sono esempi chiari di spiritualità digitale pratica. Comunità virtuali : Forum, gruppi Facebook o Discord, canali YouTube e profili Instagram diventano veri e propri spazi sacri digitali dove condividere riflessioni, rituali e supporto reciproco. Eventi online : Ritiri spirituali, cerimonie, preghiere collettive o momenti di meditazione si trasferiscono nel digitale, rompendo le barriere geografiche e rendendo l’esperienza accessibile a più persone. Intelligenza artificiale e spiritualità : Assistenti virtuali e chatbot spirituali (come quelli che offrono letture di testi sacri o meditazioni su misura) stanno aprendo nuovi scenari, in cui la tecnologia funge da guida spirituale personalizzata. Le opportunità La spiritualità digitale permette di democratizzare l’accesso a percorsi interiori. Persone che altrimenti non avrebbero contatti con pratiche spirituali, per motivi geografici, culturali o personali, possono avvicinarsi a esse in modo semplice e personalizzato. Inoltre, consente una spiritualità “a misura d’uomo”, non dogmatica, più flessibile e adatta alle esigenze contemporanee. Le criticità Tuttavia, la spiritualità digitale non è esente da rischi. C'è il pericolo della superficialità: pratiche spirituali ridotte a “consumo veloce”, fruite senza reale profondità. Inoltre, l’iperconnessione può diventare un ostacolo all’autentica introspezione, trasformando la ricerca del sacro in un’ulteriore distrazione. È fondamentale mantenere un atteggiamento critico e consapevole verso gli strumenti digitali, ricordando che essi sono mezzi, non fini. La spiritualità digitale è un fenomeno in continua evoluzione, specchio del nostro tempo. Non si tratta di una moda passeggera, ma di una trasformazione culturale che pone interrogativi profondi su come viviamo il senso, la connessione e il silenzio interiore in un mondo sempre connesso. Se usata con consapevolezza, la tecnologia può diventare un ponte verso una spiritualità più inclusiva, accessibile e attuale, senza perdere il contatto con la dimensione profonda dell’umano.
Autore: by Antonello Camilotto 21 giugno 2025
Nel XXI secolo, il mondo è diventato più interconnesso che mai. Le reti digitali alimentano tutto: comunicazioni, trasporti, finanza, sanità, infrastrutture critiche. Questo livello di dipendenza dalla tecnologia ha migliorato la qualità della vita, ma ha anche aperto nuove vulnerabilità su scala globale. La domanda quindi è più attuale che mai: il mondo potrebbe davvero subire un attacco informatico catastrofico? La natura delle minacce informatiche globali Gli attacchi informatici sono ormai una componente stabile del panorama della sicurezza globale. Dalle campagne di ransomware che paralizzano ospedali e aziende, fino alle operazioni di spionaggio digitale condotte da stati nazionali, i rischi sono reali, quotidiani e in rapida evoluzione. Gli attacchi più gravi finora hanno avuto impatti significativi ma localizzati. Si pensi a Stuxnet, il virus informatico che ha colpito il programma nucleare iraniano nel 2010, o al ransomware NotPetya del 2017, che ha causato miliardi di dollari di danni, colpendo imprese e istituzioni in tutto il mondo. Tuttavia, questi eventi non hanno provocato un collasso sistemico. La domanda è: cosa succederebbe se un attacco coordinato colpisse simultaneamente più infrastrutture critiche? Cosa si intende per “catastrofico”? Un attacco informatico catastrofico non è semplicemente un’interruzione o un furto di dati: implica il blocco prolungato di servizi fondamentali su larga scala. Parliamo, ad esempio, di: Paralisi delle reti elettriche in più paesi Compromissione di sistemi bancari con perdita o manipolazione massiva di dati finanziari Attacchi ai sistemi satellitari o GPS che regolano trasporti, logistica e difesa Diffusione incontrollata di disinformazione per destabilizzare governi o creare panico In uno scenario del genere, il confine tra guerra informatica e guerra tradizionale si assottiglierebbe notevolmente. Chi potrebbe scatenarlo? Le fonti potenziali di un attacco catastrofico includono: Stati ostili, dotati di sofisticate capacità cyber (come Stati Uniti, Russia, Cina, Iran, Corea del Nord) Gruppi terroristici o hacktivisti, motivati da ideologie radicali o desideri di destabilizzazione Organizzazioni criminali, attratte dal potenziale guadagno o dal ricatto Errori o incidenti interni, in cui un bug o un software difettoso scatena conseguenze a catena (simili ai “bug dell’anno 2000” temuti all’epoca). Il rischio reale La possibilità di un attacco informatico catastrofico esiste, ma è considerata a bassa probabilità e alto impatto. Le nazioni investono miliardi nella cybersicurezza proprio per evitare che si verifichi un evento del genere. Tuttavia, la complessità e interdipendenza dei sistemi digitali aumenta il rischio di vulnerabilità inaspettate. Inoltre, la deterrenza che funziona nel mondo fisico (come la minaccia nucleare) è più difficile da applicare nel cyberspazio, dove l’attribuzione di un attacco è spesso incerta. Questo rende il cyberspazio un terreno fertile per operazioni “ibridi” sotto il livello di guerra dichiarata. Cosa si può fare? Prevenire un attacco catastrofico richiede un approccio multilivello: Miglioramento continuo delle infrastrutture critiche, con aggiornamenti costanti e segmentazione dei sistemi Cooperazione internazionale, per condividere intelligence e definire norme comuni nel cyberspazio Simulazioni e addestramento, per preparare governi e imprese a rispondere in modo coordinato Educazione e consapevolezza pubblica, perché la sicurezza informatica parte anche dagli utenti comuni Un attacco informatico catastrofico non è solo fantascienza. È una possibilità concreta che richiede preparazione, vigilanza e collaborazione a livello globale. Anche se il mondo ha evitato finora una crisi informatica su scala sistemica, la minaccia rimane all’orizzonte. La domanda non è più se accadrà, ma quanto siamo pronti a rispondere.
Autore: by Antonello Camilotto 21 giugno 2025
Mentre il mondo ancora si attrezza per il pieno utilizzo delle reti 5G, il futuro della difesa e del controllo dell’informazione si sta già scrivendo nella tecnologia 6G, un’evoluzione non solo di connettività, ma anche di potenza strategica. Benvenuti nella Guerra Elettronica 6G, il fronte invisibile in cui si gioca la supremazia globale. Cos'è la Guerra Elettronica 6G? Con "guerra elettronica 6G" si intende l’impiego delle potenzialità offerte dalla sesta generazione delle telecomunicazioni mobili per scopi militari, d’intelligence e di controllo del cyberspazio. Il 6G, atteso tra il 2030 e il 2035, promette velocità di trasmissione dati fino a 100 volte superiori al 5G, latenza prossima allo zero e la capacità di integrare comunicazioni terrestri, satellitari e quantistiche. Queste caratteristiche lo rendono ideale non solo per applicazioni civili, ma anche per lo sviluppo di nuove capacità belliche: droni autonomi interconnessi, guerra cognitiva, attacchi cibernetici in tempo reale e manipolazione dell'informazione a scala globale. Il dominio dell'invisibile La guerra elettronica non è nuova: già dalla Guerra Fredda si ricorreva a radar, disturbi radio e contromisure elettroniche. Ma con il 6G, la portata e la precisione di questi strumenti si amplifica esponenzialmente. I sistemi 6G permetteranno, ad esempio, di "vedere" attraverso muri grazie alle onde millimetriche, di intercettare segnali cifrati sfruttando l’intelligenza artificiale e persino di influenzare il comportamento umano tramite operazioni psicologiche personalizzate e mirate. Secondo uno studio del Center for Strategic and International Studies (CSIS), il 6G sarà il catalizzatore di un nuovo paradigma: la guerra cognitiva, in cui l’obiettivo non è solo distruggere infrastrutture, ma manipolare le percezioni, i pensieri e le emozioni del nemico. Il ruolo delle superpotenze Cina, Stati Uniti e Unione Europea stanno già investendo miliardi nello sviluppo di questa tecnologia. Pechino ha lanciato nel 2020 il primo satellite di test 6G, mentre il Pentagono ha avviato progetti sperimentali che integrano 6G e intelligenza artificiale nei sistemi di difesa. L’Unione Europea, con il programma Hexa-X, punta a garantire un ecosistema sicuro e trasparente, ma teme la dipendenza tecnologica dalle altre potenze. “La corsa al 6G è anche una corsa per la superiorità militare del XXI secolo”, ha dichiarato il generale americano John Hyten, già vicecapo degli Stati Maggiori Riuniti. “Chi controllerà le infrastrutture 6G controllerà il campo di battaglia digitale”. I rischi per la società civile Il confine tra uso civile e militare sarà sempre più sfumato. La stessa rete che abilita auto a guida autonoma, operazioni chirurgiche da remoto e realtà aumentata, può essere impiegata per sorveglianza di massa, sabotaggio infrastrutturale e propaganda sofisticata. L’integrazione del 6G con tecnologie emergenti come il computing neuromorfico e la comunicazione quantistica pone nuove sfide etiche e geopolitiche. Chi garantirà la sicurezza dei dati, la neutralità della rete, la protezione delle menti? La Guerra Elettronica 6G non sarà fatta di bombe e carri armati, ma di bit, algoritmi e onde elettromagnetiche. Un conflitto silenzioso, pervasivo, potenzialmente devastante. Comprendere oggi la portata di questa trasformazione è fondamentale per garantire domani la pace e la sicurezza, non solo delle nazioni, ma degli individui stessi. "Il futuro non sarà conquistato con la forza, ma con il controllo dell'informazione".
Autore: by Antonello Camilotto 19 giugno 2025
Nell'era digitale, il termine "troll di internet" è diventato comune, ma cosa significa esattamente e chi sono questi individui che si nascondono dietro uno schermo per disturbare le discussioni online? In questo articolo esploreremo l'origine del termine, i comportamenti tipici dei troll e come possiamo affrontarli. Origine del termine Il termine "troll" deriva dalla pesca con il metodo del trolling, che consiste nel trascinare un'esca in acqua per attirare i pesci. Allo stesso modo, i troll di internet pubblicano messaggi provocatori o offensivi nelle comunità online per suscitare reazioni emotive. La metafora si adatta perfettamente, poiché questi individui cercano di "pescare" risposte dagli altri utenti. Comportamenti tipici dei troll I troll di internet possono manifestarsi in vari modi, ma ci sono alcuni comportamenti comuni che li contraddistinguono: 1. Provocazioni intenzionali: I troll pubblicano commenti deliberatamente provocatori, offensivi o insensati con l'obiettivo di disturbare la discussione e suscitare risposte emotive. 2. Spam e off-topic: Possono inondare forum e sezioni di commenti con messaggi fuori tema o spam per distruggere la qualità della conversazione. 3. Attacchi personali: Spesso attaccano direttamente altri utenti, cercando di infastidirli o umiliarli pubblicamente. 4. Diffusione di disinformazione: I troll possono diffondere false informazioni per confondere gli altri utenti o per scopi malevoli. 5. Sockpuppetry: Utilizzano più account falsi per supportare le proprie argomentazioni o per creare l'illusione di un consenso. Motivazioni dei troll Le motivazioni che spingono i troll a comportarsi in questo modo possono variare. Alcuni lo fanno per puro divertimento, godendo del caos che creano. Altri possono avere obiettivi più specifici, come promuovere una certa agenda politica, vendicarsi di qualcuno o semplicemente esprimere la propria frustrazione e rabbia. Come affrontare i troll Affrontare i troll di internet può essere complicato, ma ci sono alcune strategie che possono essere utili: 1. Non alimentare il troll: La regola più importante è non rispondere alle provocazioni. I troll cercano reazioni, quindi ignorarli è spesso la migliore difesa. 2. Moderazione rigorosa: I forum e le comunità online dovrebbero avere moderatori attivi che rimuovano i messaggi dei troll e, se necessario, bannino gli utenti recidivi. 3. Educazione e sensibilizzazione: Informare gli utenti su cosa sono i troll e come comportarsi può aiutare a ridurre l'impatto delle loro azioni. 4.Strumenti tecnologici: Utilizzare filtri e algoritmi per individuare e bloccare i messaggi dei troll può essere efficace, sebbene non sia una soluzione infallibile. I troll di internet rappresentano una sfida continua per le comunità online. Comprendere chi sono e come operano è il primo passo per mitigare il loro impatto. Con un mix di moderazione attiva, educazione degli utenti e strumenti tecnologici, è possibile creare spazi online più sicuri e costruttivi, dove le discussioni possano prosperare senza l'interferenza dei disturbatori.
Autore: by Antonello Camilotto 18 giugno 2025
L'Itelligenza Artificiale (AI) si sta affermando come protagonista silenziosa ma decisiva nel panorama dell’informazione. Dalla produzione di contenuti alla personalizzazione delle notizie, passando per la lotta contro la disinformazione, l’AI sta rivoluzionando il modo in cui le persone si tengono aggiornate. Un cambiamento profondo, rapido, e tutt’altro che neutrale. Notizie su misura: l’informazione diventa personalizzata Algoritmi di machine learning e sistemi di raccomandazione sono ormai parte integrante delle principali piattaforme di informazione. Google News, Facebook, X (ex Twitter) e TikTok utilizzano l’AI per analizzare il comportamento degli utenti – click, tempo di lettura, condivisioni – al fine di proporre contenuti sempre più “su misura”. Il vantaggio è evidente: un flusso di notizie più rilevanti e in linea con gli interessi individuali. Ma il rovescio della medaglia è altrettanto chiaro: il rischio di restare intrappolati in bolle informative che confermano i propri punti di vista, limitando l’esposizione alla pluralità delle opinioni. Giornalismo automatizzato: l’AI scrive (già) le notizie In redazioni di tutto il mondo, l’AI sta assumendo un ruolo attivo nella produzione dei contenuti. Agenzie come Associated Press e Reuters utilizzano sistemi automatizzati per redigere articoli su risultati sportivi, report finanziari o cronache meteo. Si tratta di testi basati su dati strutturati, generati in pochi secondi e con costi ridotti. La velocità e l’efficienza sono i principali vantaggi, ma sollevano interrogativi sulla qualità, sull’originalità e sul ruolo dei giornalisti umani. L’AI può raccontare i fatti, ma sa davvero interpretarli? Può fare inchieste, porre domande scomode, contestualizzare una notizia? Fact-checking e disinformazione: l’AI come alleata (e minaccia) Uno degli ambiti più promettenti dell’AI è il contrasto alla disinformazione. Sistemi avanzati di riconoscimento linguistico e analisi semantica sono in grado di identificare fake news, manipolazioni di immagini e contenuti generati da AI stessa (deepfake). Organizzazioni come Full Fact nel Regno Unito o Pagella Politica in Italia stanno integrando strumenti AI nei loro processi di verifica. Tuttavia, la stessa tecnologia può essere utilizzata anche per creare contenuti ingannevoli sempre più credibili. L’AI generativa, come i modelli linguistici avanzati, permette di produrre testi, immagini e video falsi ma estremamente realistici. La sfida diventa così doppia: usare l’AI per difendersi... dall’AI. Il futuro dell’informazione è ibrido La trasformazione in atto è tutt’altro che conclusa. Quel che emerge è un futuro dell’informazione in cui l’elemento umano e quello artificiale dovranno convivere. I giornalisti del domani non saranno sostituiti dall’AI, ma dovranno imparare a usarla come strumento: per analizzare grandi quantità di dati, monitorare tendenze, ottimizzare il lavoro redazionale. Nel frattempo, gli utenti dovranno affinare il proprio senso critico, imparando a navigare tra contenuti sempre più filtrati, generati o influenzati da macchine. In un’epoca in cui le notizie sono a portata di click, ma la verità resta spesso sfuggente, l’AI rappresenta sia un’opportunità che una responsabilità. L’Intelligenza Artificiale sta ridefinendo radicalmente il modo in cui ci informiamo. Non è solo una questione tecnologica, ma culturale e democratica. Il modo in cui gestiremo questa transizione determinerà non solo l’evoluzione del giornalismo, ma anche la qualità della nostra conoscenza collettiva. ๏ปฟ
Autore: by Antonello Camilotto 18 giugno 2025
I social network continuano a ricoprire un ruolo centrale nella vita quotidiana degli italiani. Secondo i dati più recenti forniti da Digital 2024 – il rapporto stilato da We Are Social in collaborazione con Meltwater – oltre 43 milioni di italiani utilizzano regolarmente internet, e di questi circa 40 milioni sono attivi sui social media, pari a quasi il 68% della popolazione. Ma quali sono le piattaforme più utilizzate in Italia? E come stanno cambiando le abitudini digitali? 1. WhatsApp: il primato della messaggistica Al primo posto, quasi senza rivali, troviamo WhatsApp. La popolare app di messaggistica è utilizzata da oltre l’85% degli utenti italiani. La sua semplicità, unita alla possibilità di inviare messaggi, foto, video e note vocali in tempo reale, la rende lo strumento di comunicazione preferito, sia per uso personale che lavorativo. 2. Facebook: meno giovani, ma ancora centrale Nonostante il calo di popolarità tra i più giovani, Facebook mantiene una posizione forte, con circa il 75% degli utenti attivi. La piattaforma di Mark Zuckerberg resta un punto di riferimento per l’informazione, la condivisione di contenuti e la partecipazione a gruppi tematici e comunità locali. 3. Instagram: il regno dell'immagine Instagram è la scelta preferita tra i giovani adulti e gli adolescenti, con oltre il 65% degli italiani che la utilizzano regolarmente. Il social visuale per eccellenza, con le sue stories, reel e post curati, continua a essere un ambiente privilegiato per influencer, brand e creativi. 4. TikTok: la crescita inarrestabile Tra le piattaforme in maggiore ascesa figura TikTok, che negli ultimi anni ha registrato una crescita esponenziale anche in Italia. Amatissimo dalla Gen Z, si stima che oltre il 40% degli utenti italiani tra i 16 e i 24 anni lo utilizzi quotidianamente. Il formato video breve e virale si conferma un potente strumento di intrattenimento e persino di informazione. 5. YouTube: più che un social, un motore di ricerca YouTube è considerato da molti un ibrido tra social network e piattaforma di contenuti. Utilizzato da oltre il 70% degli italiani, è il secondo sito più visitato dopo Google. Dai tutorial ai vlog, dai documentari ai podcast video, YouTube è una vera miniera di contenuti e una piattaforma sempre più strategica anche per i creator italiani. 6. LinkedIn e Telegram: le nicchie in crescita Meno generalisti ma in crescita costante, LinkedIn e Telegram si stanno ritagliando spazi importanti. Il primo come social professionale per eccellenza, usato da milioni di lavoratori e aziende italiane, il secondo come alternativa più riservata a WhatsApp, con un uso sempre più frequente nei canali di informazione indipendente e community tematiche. Conclusioni: tra abitudini consolidate e nuove tendenze Il panorama social italiano del 2025 è dinamico e frammentato. Se da un lato WhatsApp e Facebook continuano a dominare, dall’altro piattaforme come Instagram e TikTok stanno ridisegnando il modo in cui gli italiani, soprattutto i più giovani, comunicano, si informano e si esprimono. Con l’evoluzione tecnologica e l’aumento dell’intelligenza artificiale nelle piattaforme, è probabile che le abitudini social cambino ancora nei prossimi anni. Ma una cosa è certa: i social network, sotto varie forme, resteranno protagonisti della nostra quotidianità digitale.
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