Il Social Commerce

by antonellocamilotto.com


Le aziende hanno sempre sfruttato i social con lo scopo di aumentare le vendite. Fino a qualche tempo fa l’unico modo che avevano per farlo era presentare i propri prodotti in ads o nei post organici e indirizzare gli utenti interessati verso la propria piattaforma e-commerce dove poter completare l’acquisto.

Negli ultimi anni le cose sono cambiate, infatti le aziende hanno la possibilità di vendere i propri prodotti direttamente sui social senza più dover indirizzare gli acquirenti sul sito e-commerce per completare la transazione.
Il social commerce tuttavia non si limita solo a promuovere l’acquisto direttamente sui social, ma si focalizza anche sulla fidelizzazione dei clienti, spingendoli a
condividere con gli altri utenti la loro esperienza di acquisto.
In sintesi per social commerce si intende la possibilità di portare l’intera esperienza di acquisto dei consumatori direttamente sui social, dove attraverso un click l’utente può aprire una pagina prodotto direttamente sull’app del social e acquistarlo immediatamente.


Quali sono i vantaggi del social commerce


Uno dei principali vantaggi del social commerce è la possibilità di aumentare effettivamente le vendite. Il processo di acquisto viene di fatto semplificato, riducendo tutti quei passaggi intermedi che potrebbero portare l’utente a un ripensamento sull’acquistare o meno quel prodotto. Per le aziende quindi offrire l’opportunità di terminare la transazione direttamente sulla piattaforma social può facilmente trasformarsi in un aumento della percentuale di conversioni rispetto al numero di utenti che cliccano sul post di presentazione del prodotto.

Inoltre con il social commerce gli utenti possono reperire facilmente e direttamente sulla piattaforma tutte le informazioni di cui hanno bisogno per prendere una decisione in merito all’acquisto come la descrizione del prodotto, i commenti e le opinioni di tutti gli altri utenti su quel determinato articolo.

Infine attraverso i tool messi a disposizione dai social stessi è possibile conoscere meglio i propri clienti, le loro abitudini e i loro comportamenti. Si tratta di informazioni preziose sul proprio pubblico di riferimento che possono essere utilizzate per migliorare la strategia di acquisizione di nuovi clienti.


Piattaforme per social commerce


Tra i principali social da utilizzare per la propria strategia di social commerce c’è sicuramente Facebook. Da sempre le aziende hanno usato questo social per promuoversi tramite le classiche pagine o attraverso strumenti come messenger, ma da diverso tempo sulla piattaforma è presente anche la funzione Facebook Shops. Si tratta di uno shop online sulla piattaforma, dove le aziende possono inserire i propri prodotti che possono essere acquistati dagli utenti interessati direttamente su Facebook. In questo modo tutte le transazioni avvengono all’interno del social. Inoltre con l’implementazione di strumenti come messenger o whatsapp, gli utenti hanno la possibilità di contattare direttamente i responsabili del negozio per richiedere informazioni.

Anche Instagram con la funzione
Instagram Shoppable offre ai brand la possibilità di presentare i propri prodotti e ottenere la visibilità allo scopo di incrementare le vendite. Una delle funzionalità più interessanti offerte dalla piattaforma è la possibilità di taggare un prodotto in ogni contenuto condiviso sul social, ad esempio nei post sul feed, nelle stories, nelle live e nei reels. Tuttavia in questo caso gli utenti vengono reindirizzati al sito web dell’azienda per completare l’acquisto. Attualmente solo negli Stati Uniti è presente la funzione Instagram Checkout per concludere l’acquisto direttamente sull’app.

Pinterest invece offre il pin prodotto, si tratta di immagini con tag di acquisto che rimandano all'e-commerce dell'azienda. Inoltre i brand hanno la possibilità di avere una tab "acquista" nel loro profilo dove mostrare i prodotti in vendita.

TikTok oltre a consentire agli utenti di inserire collegamenti al proprio e-commerce all’interno della biografia, offre la possibilità di utilizzare negli annunci video il bottone “acquista ora”. Tuttavia TikTok può essere particolarmente interessante all’interno di una strategia di social commerce per i Shoppable Ads lanciati dopo la partnership con Shopify. Chi usa Shopify per il proprio e-commerce infatti può sincronizzare l’account con quello di TikTok Business e vendere i prodotti direttamente sul social attraverso gli annunci video.

Anche YouTube sta testando la funzione
YouTube Shopping che consentirà agli utenti di acquistare un prodotto direttamente dai video.


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Autore: by Antonello Camilotto 13 settembre 2025
Quando si parla di trasparenza digitale e di libertà d’informazione sul web, un nome spicca tra i pionieri: John Young, architetto newyorkese e attivista, noto soprattutto come fondatore di Cryptome, uno dei primi archivi online dedicati alla diffusione di documenti riservati, tecnici e governativi. La sua figura è spesso descritta come quella di un precursore di ciò che oggi conosciamo come “whistleblowing digitale”. Le origini di Cryptome Cryptome nasce nel 1996, in un’epoca in cui internet stava ancora definendo i propri confini. L’obiettivo del sito era chiaro: rendere pubbliche informazioni ritenute di interesse collettivo, spesso celate dietro il velo della segretezza governativa o aziendale. Da manuali su tecniche di sorveglianza a documenti sulle agenzie di intelligence, Cryptome si impose rapidamente come una piattaforma di rottura, in netto contrasto con le logiche di controllo e censura. Una filosofia radicale di trasparenza A differenza di altre realtà simili, John Young non ha mai cercato di trarre profitto dal progetto né di costruire un’organizzazione strutturata. La sua era – ed è – una missione personale, guidata da una convinzione semplice ma radicale: la conoscenza appartiene a tutti, senza eccezioni. Cryptome non operava filtri etici o giornalistici come invece avrebbero fatto in seguito piattaforme come WikiLeaks. Tutto ciò che poteva contribuire a scardinare il potere dell’opacità veniva pubblicato, senza compromessi. Il rapporto con WikiLeaks e Julian Assange Con la nascita di WikiLeaks, nel 2006, molti individuarono in Cryptome il suo diretto predecessore. Lo stesso Julian Assange collaborò inizialmente con John Young, che però si distaccò dal progetto criticandone la centralizzazione e l’approccio sempre più mediatico. Young vedeva in WikiLeaks un rischio di personalizzazione eccessiva, laddove Cryptome era rimasto volutamente spoglio, privo di protagonismi e gestito con rigore minimalista. Critiche e controversie La radicalità di Young ha spesso generato controversie. Pubblicare documenti sensibili, senza selezione né mediazione, ha attirato accuse di irresponsabilità e persino di mettere in pericolo vite umane. Eppure, la sua visione rimane coerente: la segretezza, secondo lui, è un’arma del potere che serve a sottrarre ai cittadini il diritto di conoscere. Un’eredità duratura Oggi, in un’epoca segnata da whistleblower come Edward Snowden e da battaglie globali per la protezione dei dati, la figura di John Young appare quasi profetica. Cryptome continua a esistere, pur restando una nicchia rispetto ai colossi dell’informazione digitale, ma la sua influenza è innegabile. È stato tra i primi a dimostrare che internet poteva diventare un archivio permanente della verità scomoda, capace di sfidare governi e multinazionali. John Young non è un personaggio mediatico, né un leader carismatico. È piuttosto un uomo che ha fatto della coerenza la propria arma, costruendo un luogo digitale dove la trasparenza assoluta diventa strumento di libertà. Se oggi discutiamo di open data, di whistleblowing e di diritto all’informazione, è anche grazie al seme piantato da Cryptome più di venticinque anni fa.
Autore: by Antonello Camilotto 13 settembre 2025
Le scuole italiane affrontano una delle sfide più urgenti e decisive del nostro tempo: l’integrazione efficace delle tecnologie digitali nel sistema educativo. Dopo anni di investimenti frammentati, sperimentazioni isolate e progetti pilota, esperti, docenti e studenti concordano su un punto: serve una riforma strutturale, profonda e duratura. Il mondo cambia velocemente, trascinato dalla rivoluzione digitale, ma l’istruzione in Italia rischia di restare indietro. Se da un lato la pandemia ha accelerato l’adozione di strumenti digitali — basti pensare alla didattica a distanza — dall’altro ha evidenziato le profonde disuguaglianze tra scuole del nord e del sud, tra centri urbani e zone periferiche, tra istituti ben attrezzati e altri ancora legati a una didattica analogica. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, meno del 30% delle scuole italiane dispone di infrastrutture digitali adeguate, con connessioni veloci, dispositivi aggiornati e personale formato. Il Piano Scuola 4.0, inserito nel PNRR, ha promesso investimenti per trasformare 100.000 aule tradizionali in ambienti di apprendimento innovativi, ma la realizzazione procede a rilento, rallentata da burocrazia, carenza di competenze gestionali e assenza di una visione strategica condivisa. Il nodo della formazione dei docenti Una delle criticità principali è la formazione del personale scolastico. “Non basta dotare le scuole di tablet o lavagne digitali se gli insegnanti non sono messi in condizione di usarli in modo efficace e critico,” spiega la professoressa Marta Bellini, dirigente scolastica in provincia di Milano. “Serve una cultura digitale condivisa, non solo una competenza tecnica.” Al momento, la formazione digitale è ancora facoltativa o affidata alla buona volontà delle singole scuole. Occorre un piano nazionale obbligatorio, continuo e integrato, che accompagni gli insegnanti nella transizione, valorizzando anche le esperienze già in corso. Gli studenti chiedono di più Anche le nuove generazioni, paradossalmente, non sono del tutto digitali. Usano dispositivi e app, ma raramente sviluppano un pensiero critico o una reale alfabetizzazione digitale. “Ci insegnano a usare Word o PowerPoint, ma nessuno ci spiega cosa sia un algoritmo, come funziona l’intelligenza artificiale o quali rischi comporta il cyberbullismo,” racconta Luca, 17 anni, studente a Roma. Una riforma digitale deve quindi partire dai curricula: servono nuove materie, nuovi approcci interdisciplinari e una maggiore attenzione all’etica digitale, alla sicurezza online e alla cittadinanza digitale. Un’occasione da non perdere Il 2026, data di scadenza del PNRR, rappresenta un bivio: o si avvia un cambiamento radicale o si perde un’occasione storica. Non bastano proclami o fondi spot. Serve un’azione coordinata tra ministeri, enti locali, scuole, università e imprese. Una riforma che non si limiti alla tecnologia, ma che ripensi il modello educativo nel suo complesso. L’Italia ha le competenze, le risorse e le intelligenze per guidare questo cambiamento. Quello che manca, ancora, è la volontà politica di trasformare le promesse in realtà. Il futuro della scuola passa dal digitale. Ma il tempo per agire è adesso!
Autore: by Antonello Camilotto 11 settembre 2025
Il futuro del digitale non è più soltanto sulla Terra. Con il progetto Lunar Vault, il primo datacenter lunare, l’umanità compie un passo che fino a pochi anni fa apparteneva solo alla fantascienza. Un’infrastruttura tecnologica costruita direttamente sul nostro satellite naturale, capace di custodire e gestire dati in un ambiente estremo e affascinante. Perché portare i dati sulla Luna? Dietro questa impresa c’è un’idea semplice ma visionaria: liberare la Terra da parte del peso energetico e ambientale dei datacenter tradizionali. Lunar Vault sfrutta i poli lunari, dove la luce del Sole è presente quasi tutto l’anno, garantendo un flusso costante di energia solare. Inoltre, il vuoto spaziale e le basse temperature offrono condizioni naturali che possono essere utilizzate per il raffreddamento dei server. Un altro aspetto non trascurabile è la sicurezza: un datacenter sulla Luna è praticamente al riparo da disastri naturali, attacchi fisici o sabotaggi, diventando un luogo ideale per ospitare i dati più sensibili del pianeta. Le sfide di Lunar Vault La realizzazione del progetto non è stata priva di ostacoli. I tecnici hanno dovuto affrontare il problema delle radiazioni cosmiche, che minacciano i componenti elettronici, e sviluppare sistemi robotici autonomi capaci di costruire la struttura senza la presenza costante di astronauti. Anche le comunicazioni richiedono tecnologie avanzate: la trasmissione dei dati avviene tramite collegamenti laser ad altissima velocità, con un ritardo minimo di circa 1,3 secondi tra Terra e Luna. Un simbolo di progresso e potere Lunar Vault non è solo un’infrastruttura tecnologica: è anche un simbolo geopolitico. Avere il controllo di un datacenter nello spazio significa conquistare un vantaggio strategico, aprendo la strada a un’economia digitale interplanetaria. Allo stesso tempo, sarà una risorsa per la ricerca scientifica, offrendo supporto immediato alle missioni spaziali e alla gestione dei dati provenienti da esperimenti lunari e futuri viaggi verso Marte. Un nuovo orizzonte Con Lunar Vault si apre una nuova pagina della storia digitale. La Luna diventa non solo un luogo da esplorare, ma anche un nodo vitale per le reti del futuro. Oggi custodire i dati tra le stelle può sembrare un’idea visionaria, ma domani potrebbe diventare la normalità. Il cielo non è più il limite: ora i nostri file viaggiano oltre l’atmosfera, trovando rifugio in una cassaforte di dati sospesa nello spazio. Vuoi che ti proponga anche una versione più breve, da quotidiano online, con un taglio da notizia flash?
Autore: by Antonello Camilotto 11 settembre 2025
Dal 2019, la Russia sta sviluppando il progetto Runet, una rete Internet nazionale con l'obiettivo di ridurre la dipendenza dal web globale e rafforzare il controllo sulle informazioni all'interno dei confini nazionali. Questo progetto mira a incanalare il traffico web attraverso nodi controllati dallo Stato e a implementare sistemi avanzati di filtraggio e sorveglianza, simili al "Great Firewall" cinese. Nonostante gli sforzi del governo russo, la completa disconnessione dalla rete Internet globale non è ancora avvenuta. Il Paese continua a dipendere in larga misura da tecnologie e infrastrutture estere. Tuttavia, il controllo sulle attività online è aumentato significativamente: negli ultimi anni, Mosca ha bloccato o limitato l'accesso a piattaforme occidentali come Facebook e X (precedentemente Twitter) e ha intensificato le restrizioni sull'uso delle VPN, strumenti utilizzati dai cittadini per aggirare i blocchi. La legge sull'Internet sovrano, entrata in vigore il 1° novembre 2019, impone agli operatori di telecomunicazioni l'installazione di apparecchiature statali per analizzare e filtrare il traffico, consentendo al Roskomnadzor, l'ente federale russo per la supervisione delle telecomunicazioni, di gestire centralmente il traffico Internet e limitare l'accesso ai siti vietati. Nonostante questi sviluppi, la realizzazione completa di un Runet autonomo presenta sfide significative. La Russia ospita migliaia di provider Internet, rendendo complessa l'implementazione di un controllo centralizzato. Inoltre, la dipendenza da tecnologie e software stranieri complica ulteriormente l'obiettivo di una rete completamente sovrana. In sintesi, mentre la Russia ha compiuto passi significativi verso la creazione di un Internet "sovrano", il processo è ancora in corso e presenta numerose sfide tecniche e politiche. Il controllo sulle informazioni online è aumentato, ma la completa indipendenza dalla rete globale rimane un obiettivo non ancora raggiunto.
Autore: by Antonello Camilotto 11 settembre 2025
Nell'epoca dell'iperconnessione e della comunicazione istantanea, la persuasione ha subito una profonda trasformazione. Oggi si parla sempre più spesso di Persuasione 2.0, un'evoluzione della classica arte del convincere che si muove tra algoritmi, social media, intelligenza artificiale e nuovi linguaggi digitali. Ma cosa significa esattamente? E in che modo influisce sulle nostre decisioni quotidiane? Cos’è la Persuasione 2.0? La Persuasione 2.0 è l’insieme di strategie, tecnologie e dinamiche psicologiche che mirano a orientare pensieri, comportamenti e decisioni nell’ambiente digitale. A differenza della persuasione tradizionale — basata sul rapporto diretto, sull’oratoria o sul marketing classico — quella 2.0 si fonda su: Big data e profilazione: ogni nostra azione online lascia tracce. Queste informazioni vengono raccolte e analizzate per costruire messaggi personalizzati, capaci di parlare al singolo utente con una precisione mai vista prima. Automazione e IA: chatbot, sistemi di raccomandazione, intelligenze artificiali generative. Tutti strumenti in grado di veicolare contenuti persuasivi su larga scala e in tempo reale. Social proof digitale: like, commenti, recensioni e follower sono diventati metriche persuasive, simboli di approvazione sociale che influenzano le scelte degli utenti. Design comportamentale (nudge design): interfacce e user experience sono progettate per orientare l’utente verso determinate azioni, sfruttando bias cognitivi e microinterazioni. Le tecniche persuasive nell’ambiente digitale Nel contesto della Persuasione 2.0, le tecniche classiche vengono adattate e potenziate: Storytelling algoritmico: i contenuti narrativi vengono costruiti (o selezionati) in base agli interessi dell’utente. Netflix, TikTok e Spotify usano la personalizzazione narrativa per fidelizzare. FOMO (Fear of Missing Out): notifiche push, offerte a tempo limitato e “ultimi pezzi disponibili” stimolano l’urgenza e il desiderio di non restare esclusi. Retargeting pubblicitario: un annuncio che ci segue ovunque non è un caso. È una strategia mirata a rafforzare l’impatto persuasivo ripetendo il messaggio nel tempo e nei contesti più rilevanti. Influencer marketing: le figure pubbliche digitali diventano canali persuasivi potenti, grazie alla fiducia e al senso di vicinanza che instaurano con i follower. Implicazioni etiche e sociali La potenza della Persuasione 2.0 solleva interrogativi rilevanti. Quando la persuasione diventa manipolazione? Dove si colloca il confine tra coinvolgimento e condizionamento? La personalizzazione estrema può rafforzare le bolle informative, limitando l’esposizione a idee differenti. Inoltre, la capacità delle piattaforme di anticipare e influenzare i desideri degli utenti pone questioni su libertà di scelta, autonomia cognitiva e responsabilità degli attori digitali. Serve una nuova consapevolezza? La Persuasione 2.0 non è né buona né cattiva di per sé. È uno strumento potente, e come tale richiede competenza e coscienza critica da parte sia di chi la utilizza sia di chi la subisce. Per affrontarla serve un’educazione digitale che vada oltre la tecnica, abbracciando anche l’etica, la psicologia e la sociologia. Nel mondo della persuasione digitale, chi sa leggere i meccanismi è anche chi può scegliere davvero.
Autore: by Antonello Camilotto 10 settembre 2025
Il termine Digital Detox indica la scelta consapevole di ridurre o sospendere temporaneamente l’uso di dispositivi digitali come smartphone, computer, tablet e social network. È una pratica che nasce dall’esigenza di ristabilire un equilibrio tra la vita online e quella offline, sempre più minacciato dall’iperconnessione tipica della società moderna. Perché nasce il bisogno di Digital Detox? Negli ultimi anni, il tempo trascorso davanti agli schermi è cresciuto in modo esponenziale. Notifiche continue, messaggi, email e aggiornamenti costanti ci tengono in uno stato di “allerta digitale” che può generare stress, ansia e difficoltà di concentrazione. Il Digital Detox nasce quindi come risposta a: sovraccarico informativo, causato dal flusso incessante di notizie e contenuti; dipendenza da smartphone e social, che porta a controllare compulsivamente le notifiche; riduzione della qualità del sonno, legata alla luce blu degli schermi e all’uso serale dei dispositivi; calo della produttività, dovuto alla frammentazione dell’attenzione. Benefici del Digital Detox Prendersi una pausa dal digitale non significa rinunciare alla tecnologia, ma imparare a utilizzarla in modo più equilibrato. I principali vantaggi includono: maggiore concentrazione e produttività; riduzione dello stress e dell’ansia; miglioramento delle relazioni interpersonali, grazie a una comunicazione più autentica e senza distrazioni; migliore qualità del sonno; più tempo libero da dedicare a hobby, lettura o attività all’aperto. Come praticare il Digital Detox Non esiste un unico modo per intraprendere un percorso di Digital Detox: ciascuno può adattarlo al proprio stile di vita. Alcune strategie semplici sono: stabilire orari precisi in cui non usare dispositivi elettronici (ad esempio durante i pasti o prima di dormire); disattivare le notifiche non essenziali; dedicare almeno un giorno alla settimana senza social network; praticare attività che non richiedono tecnologia, come sport, meditazione o passeggiate; usare applicazioni che monitorano e limitano il tempo trascorso online. ๏ปฟ Il Digital Detox non è una moda passeggera, ma una pratica sempre più necessaria per preservare il benessere psicofisico. In un mondo dove la connessione è costante, scegliere di “staccare” diventa un atto di cura verso se stessi, utile a ritrovare equilibrio, consapevolezza e autenticità nei rapporti con gli altri e con il proprio tempo.
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