Si chiama Autopen e firma i documenti al posto del Presidente

Grazie alla tecnologia e all’automazione, persino una delle più simboliche attività di un capo di Stato - firmare documenti ufficiali - può essere delegata a una macchina. Si chiama Autopen ed è un dispositivo elettromeccanico che replica con precisione la firma del Presidente degli Stati Uniti (e di altre figure pubbliche) per approvare atti, lettere e altri documenti ufficiali anche quando il diretto interessato non è fisicamente presente.
Che cos’è l’Autopen?
L’Autopen è un apparecchio inventato nel XX secolo, perfezionato nel tempo per diventare sempre più sofisticato. Il suo funzionamento è semplice e al tempo stesso straordinario: grazie a un sistema meccanico controllato da un computer, riproduce la firma autografa memorizzata del suo titolare, tracciandola con una penna vera su fogli di carta. Il risultato è indistinguibile da una firma scritta a mano.
Utilizzato originariamente da segretari e assistenti per firmare migliaia di lettere e biglietti di ringraziamento, oggi trova impiego anche ai vertici del potere politico e amministrativo.
Il Presidente e l’uso ufficiale
L’uso più noto dell’Autopen è quello del Presidente degli Stati Uniti, soprattutto in situazioni in cui non può essere presente fisicamente per firmare leggi o proclami urgenti. È accaduto per la prima volta in modo ufficiale nel 2011, quando il Presidente Barack Obama autorizzò l’uso dell’Autopen per firmare una legge mentre si trovava in Europa. La decisione suscitò dibattiti legali e politici, ma fu dichiarata legittima dal Dipartimento di Giustizia, purché l’uso del dispositivo fosse stato autorizzato preventivamente dal Presidente.
Motivazioni pratiche e implicazioni legali
L’Autopen è uno strumento estremamente utile nei casi in cui il Presidente sia in viaggio, malato, o semplicemente non abbia il tempo materiale per firmare ogni documento di routine. Tuttavia, il suo utilizzo pone interrogativi non banali: una firma meccanica ha lo stesso valore legale di una firma autografa? La risposta è sì, purché ci sia un’autorizzazione esplicita e tracciabile da parte del firmatario originale.
Alcuni critici ritengono che questo tipo di automazione riduca il senso di responsabilità personale del firmatario, soprattutto quando si tratta di decisioni gravi o delicate. Altri lo vedono come un naturale progresso verso l’efficienza burocratica in un’epoca digitalizzata.
Un futuro sempre più automatizzato?
Se il Presidente degli Stati Uniti può affidare la propria firma a una macchina, chi altro lo farà in futuro? Già oggi molti dirigenti aziendali, funzionari pubblici e leader religiosi usano dispositivi simili per gestire in modo più efficiente la propria corrispondenza. In un mondo dove l’intelligenza artificiale e l’automazione prendono sempre più piede, non è difficile immaginare che strumenti come l’Autopen diventino la norma anche per le firme digitali e biometriche del futuro.
In fondo, ciò che conta non è tanto la mano che impugna la penna, quanto l’intenzione consapevole di chi ordina quella firma. E se una macchina può esprimere quell’intenzione per conto di un leader, il confine tra presenza fisica e volontà politica diventa sempre più sottile.
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