Cos'è un'account takeover

Per account takeover si intende la compromissione di un account privato tramite tecniche di hacking di vario genere.


Il significato di takeover corrisponde in italiano ad “acquisizione”: termine da intendersi con accezione prettamente negativa e con fini esclusivamente illeciti.


Il presupposto è che l’hacker entri in possesso delle credenziali di accesso, impiegando le più disparate truffe, tecniche di esfiltrazione o compravendita sul dark web.


Una volta ottenuto l’accesso all’account, il pirata informatico si premura di impedire al legittimo proprietario di accedere i propri profili, modificandone password e username. In tal modo, potrà usufruirne a suo piacimento potenzialmente a tempo illimitato.


Nella maggior parte dei casi, l’obiettivo degli hacker è ottenere un profitto economico dalla loro attività criminale. Difatti, ricorrono spesso al ricatto in seguito al furto di dati informazioni sensibili.


Nel caso di singoli cittadini digitali l’attacco è piuttosto diretto. Nel caso in cui l’obiettivo sia un’organizzazione, l’account aziendale compromesso viene sfruttato come punto di accesso privilegiato per penetrare nei sistemi.


Account takeover Vs. Identity Theft: qual è la differenza


Molto spesso, l’account takeover viene confuso con l’identity theft, ovvero il furto di identità digitale. Certamente, in entrambi i casi si verifica un furto di informazioni eseguito a fini illeciti. Tuttavia, sebbene il confine sia molto labile, si può affermare che:

  1. se, da un lato, chi compie account takeover si “limita” a rubare informazioni per un ritorno economico
  2. dall’altro, l’identity theft comporta la compromissione dell’identità online e offline della vittima


In quest’ultimo caso, infatti, gli hacker prendono possesso dei profili social degli utenti, pubblicando post e messaggi a loro nome e avviando una vera e propria campagna diffamatoria a spese dell’utente. Nonostante ciò, è fuor di dubbio che entrambi gli attacchi investano non soltanto la sfera tecnologica o economica, ma anche quella psicologica ed emotiva.


Account takeover: da cosa è causato


Generalmente, l’accesso illecito e il furto di account sono facilitati dagli utenti finali, che spesso non seguono tutte le buone norme di igiene delle password o sono incapaci di riconoscere i tentativi di phishing.


Tuttavia, ci possono essere delle vulnerabilità strutturali in alcune applicazioni, che possono agevolare notevolmente il lavoro degli hacker.

Esistono una pletora di attacchi, sia “tecnici” che di ingegneria sociale, che possono portare alla compromissione di un account.

Analizziamoli ed esaminiamone insieme le conseguenze.


Phishing


Il Phishing può essere condotto sia su larga scala (spear phishing) che sul singolo utente (whaling phishing).

Qui, l’hacker usa varie tecniche per cercare di frodare l’utente. Affinché la vittima gli consegni le credenziali, l’hacker può inviare finte mail di verifica account, promozioni, sconti ecc.

In ambito aziendale, si è stati sicuramente avvertiti di evitare e-mail sospette: questo perché la posta elettronica è il principale canale su cui viaggiano le campagne di phishing.


Brute-force, dizionari, credential stuffing


Concettualmente sono le prime tecniche che potrebbero venire in mente. Non richiedono necessariamente l’estorsione della password direttamente dall’utente, come nel phishing.

Possono avvenire senza interazioni, ma dipendono fortemente dal mancato rispetto delle buone norme sulla creazione e gestione delle password.


  • Gli attacchi brute-force generano combinazioni alfanumeriche casuali
  • Quelli a dizionario utilizzano database di password più utilizzate, talvolta filtrate in base all’ubicazione della vittima
  • Nel credential stuffing vengono sfruttate le password di un data-leak precedente e usate per accedere su altri servizi


Quest’ultima tecnica sottolinea un’altra responsabilità a carico delle organizzazioni. La gestione delle password deve essere diligente. Ogni volta che non vengono rispettati gli standard di sicurezza nella comunicazione e nello storage delle password, si creano le condizioni favorevoli alla loro esposizione e a furti di dati di ingente portata e gravità.


Presenza di malware sui dispositivi


Un utente distratto potrebbe scaricare dei file compromessi contenenti malware.



Keylogger e Trojan, ad esempio, agevolano le attività criminali degli hacker, anche nell’ambito degli account takover:

  • i keylogger tracciano le battute sulla tastiera mentre l’utente digita username e password
  • alcuni trojan, invece, sono appositamente progettati per trafugare dati sensibili e credenziali


Vulnerabilità in applicazioni e plug-in


Questa volta l’utente finale può farci ben poco. Il problema può risiedere in vulnerabilità di applicazioni o servizi di Terze Parti.

Una vulnerabilità a questo livello potrebbe affliggere chiunque interagisca con il servizio. Potenzialmente, questa problematica potrebbe esporre dati sensibili all’hacker capace di sfruttarla, arrivando anche a colpire diverse organizzazioni contemporaneamente.


Attacchi Man-in-the-middle


In un attacco MitM, l’aggressore si pone a metà strada tra l’utente e il servizio con il quale sta interagendo. Durante l’intercettazione, alcune informazioni potrebbero contenere delle credenziali non opportunamente protette da crittografia.

Da lì, il passo successivo è intraprendere un attacco mirato, forte delle credenziali appena ricevute.

Anche qui l’utente finale può osservare alcune regole, al fine di prevenire il furto di informazioni importanti. Tra le altre, ricordiamo di evitare di effettuare operazioni delicate (es. online banking) se si sta utilizzando una rete pubblica o, in generale, non si conoscono gli standard di sicurezza di una rete.


Conseguenze del furto di account


Se la compromissione dell’account va a buon fine, l’attaccante ottiene i privilegi e le facoltà dell’utente violato.

Perciò si profilano vari risvolti.


Profitto diretto. L’attaccante rivende le credenziali appena trafugate su piattaforme “di settore”, ovviamente illegali. Oltre ad essere destinate ad un utilizzo personale, le credenziali sono anche alla mercè del miglior offerente. Conseguenza diretta è l’aumento del numero di attacchi subiti.


Furto di dati. Una volta ottenute le credenziali, l’attaccante ha la facoltà di accedere ad ogni tipo di dato privato. A questo punto le informazioni vengono esfiltrate. Tra queste potrebbero esserci numeri di carte di credito o addirittura documenti personali utili all’identificazione. I dati rubati vengono messi in vendita o utilizzati come leva contrattuale per l’estorsione di un riscatto.


Iniezione di malware. Molti virus possono rivelarsi molto efficaci se acquisiscono privilegi di sistema anche minimi. Nel caso di account takeover, è possibile immettere dei malware direttamente all’interno del sistema. Il fine è sempre di ottenere una situazione nella quale si possa chiedere un riscatto. Alternativamente, i malware installati aiuteranno l’attaccante in futuri tentativi di offesa.


Creazione di condizioni favorevoli a ulteriori attacchi. Come già accennato, il furto di un account può gettare le basi per una catena di attacchi successiva. Alternativamente, le credenziali trafugate sono memorizzate in dizionari e usate per attacchi di credential stuffing su altre piattaforme.


Libertà di movimento in un network. La violazione di un account può rappresentare il punto d’entrata per un network altrimenti sicuro e robusto. Una volta entrato, l’hacker punta ad ottenere, tramite varie tecniche, ulteriori privilegi al fine di causare più danni possibile ed ottenere profitto.


Prevenzione e mitigazione del rischio di account takeover


Abbiamo visto che le possibili debolezze sono da rintracciare sia a livello di singolo utente che a livello di organizzazioni. Pertanto, la prevenzione passa sia dalla sensibilizzazione del personale che dall’implementazione di funzionalità specifiche.


Prevenzione


La principale causa di account takeover è la scarsa cura nell’applicazione delle buone norme di sicurezza degli account.

Precedentemente abbiamo identificato il phishing come uno dei principali strumenti con i quali si arriva all’account takeover. Per limitare la sua efficacia, una delle soluzioni preventive più impattanti è la formazione.


Nel caso delle aziende, formare il personale su:

  • recenti tecniche di raggiro
  • gestione e creazione di password sicure
  • importanza dell’autenticazione a due fattori


può ridurre il numero di tentativi di attacco andati a segno.


Esistono anche delle soluzioni tecniche che combattono il phishing. I provider di posta elettronica, infatti, spesso forniscono veri e propri filtri anti-phishing, i quali bloccano le e-mail provenienti da domini sospetti.

Infine, per evitare che gli account siano vulnerabili per colpa di bug o falle di sicurezza, è fondamentale testare periodicamente la robustezza delle applicazioni, mediante Vulnerability Assessment o Pentest.

Anche i protocolli di rete vanno valutati attentamente, per evitare che le credenziali che viaggiano su internet vengano intercettate e decodificate.


Mitigazione


Anche se l’account è stato compromesso, è sempre possibile ridimensionare l’azione offensiva. Ovviamente queste mitigazioni vanno implementate in ottica preventiva.


Approccio Zero-trust Security. Questo approccio complica la vita degli attaccanti, in quanto ogni richiesta è rifiutata finché non sono verificati dei parametri univoci. Ad esempio, sono richieste ulteriori assicurazioni sull’identità di chi sta interagendo con il sistema. Una metodologia zero trust capillare è in grado di identificare richieste sospette in breve tempo, salvando il sistema da danni maggiori.


Sandboxing. Essenzialmente, vuol dire creare compartimenti stagni. Quandanche un malware riuscisse a proliferare in un dato ambiente, questa tecnica ne bloccherebbe l’espansione al resto dell’infrastruttura.


Conclusioni


La compromissione di un account rappresenta una violazione critica. Da questa posizione, un attaccante può:

  • muoversi all’interno del sistema violato
  • trafugare dati
  • acquisire maggiori privilegi


Un account bucato è la base di appoggio per successivi attacchi, che gli hacker possono usare per le più svariate finalità illecite.

Non resta, quindi, che applicare le best practice raccomandate di password hygiene, security testing e formazione del personale. Senza dimenticare approccio Zero-Trust, filtri anti-spam e anti-phishing, e impiego intelligente del sandboxing.


© 𝗯𝘆 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼

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Un mondo in cui sfiorare uno schermo significhi percepire la consistenza della seta, ascoltare un suono sia un’esperienza immersiva come dal vivo, e respirare davanti a un dispositivo faccia arrivare l’aroma del caffè appena macinato. Non è fantascienza, ma il prossimo passo nell’evoluzione della tecnologia: i sensi artificiali. Ricercatori e aziende di punta stanno lavorando per trasformare l’interazione con il digitale in qualcosa di multisensoriale. Grazie a micro-sensori tattili, sistemi di realtà aumentata e riproduzione chimica controllata degli odori, sarà possibile vivere esperienze virtuali che coinvolgono vista, udito, tatto e persino olfatto. Gli esperti parlano di una “internet sensoriale” che aprirà scenari inediti: shopping online dove si potrà provare la stoffa prima di acquistare, corsi di cucina a distanza in cui si sentirà il profumo delle ricette, visite virtuali a musei dove il tatto guiderà l’esplorazione delle opere. Se da un lato le applicazioni sembrano infinite, dall’altro emergono interrogativi su privacy, sicurezza e possibili effetti psicologici di una realtà sempre più indistinguibile dal mondo fisico.  Una cosa è certa: la frontiera dei sensi artificiali sta arrivando, e cambierà il nostro modo di percepire il digitale.
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Negli ultimi anni, si sente parlare sempre più spesso di "coin", specialmente in relazione alle criptovalute e alla finanza digitale. Ma cosa sono esattamente le coin e perché stanno attirando così tanta attenzione? Definizione di "Coin" Il termine "coin" (letteralmente "moneta" in inglese) viene usato per indicare una criptovaluta nativa di una propria blockchain. In altre parole, è una forma di denaro digitale che opera su una rete decentralizzata autonoma. Le coin sono diverse dai token, che invece funzionano su blockchain già esistenti (come Ethereum, per esempio). Esempi di Coin: Bitcoin (BTC) – La prima e più famosa coin, nata nel 2009. Ethereum (ETH) – Sebbene supporti token, è anch’essa una coin perché ha una sua blockchain. Litecoin (LTC) – Considerata la versione "light" di Bitcoin. Ripple (XRP) – Una coin focalizzata sui trasferimenti veloci tra istituzioni finanziarie. Come funzionano? Le coin utilizzano una tecnologia chiamata blockchain, un registro digitale distribuito che tiene traccia di tutte le transazioni. Ogni volta che qualcuno invia o riceve coin, la transazione viene verificata da una rete di computer (i cosiddetti nodi) e aggiunta a un "blocco", che viene poi collegato a una catena cronologica di blocchi. Questa struttura garantisce: Sicurezza, grazie alla crittografia. Trasparenza, perché le transazioni sono pubbliche. Decentralizzazione, poiché non esiste un'autorità centrale che controlli la rete. A cosa servono? Le coin possono avere diversi utilizzi, tra cui: Metodo di pagamento – Possono essere utilizzate per acquistare beni e servizi, sia online che in negozi fisici che le accettano. Riserva di valore – Alcuni le vedono come "oro digitale", specialmente nel caso di Bitcoin. Strumento di investimento – Molti le acquistano sperando in un aumento del loro valore. Funzione tecnica – Alcune coin servono a pagare commissioni o eseguire operazioni all’interno delle loro blockchain (es. ETH per le transazioni su Ethereum). Coin vs Token Le coin sono criptovalute native di una propria blockchain (es. Bitcoin, Ethereum), utilizzate come mezzo di pagamento o per alimentare la rete. I token, invece, sono asset digitali creati su blockchain esistenti (come Ethereum) e servono per scopi specifici, come accesso a servizi, governance o DeFi. Rischi e considerazioni Nonostante il potenziale, investire in coin comporta dei rischi: Volatilità: il loro valore può cambiare drasticamente in poco tempo. Regolamentazione: le leggi variano da Paese a Paese e sono in continua evoluzione. Sicurezza personale: la gestione delle chiavi private è fondamentale per non perdere l’accesso ai propri fondi. Le coin rappresentano una nuova forma di denaro digitale che sfida i tradizionali sistemi finanziari. Comprenderne il funzionamento e le differenze rispetto ad altri strumenti come i token è essenziale per chiunque voglia avvicinarsi al mondo delle criptovalute. Come per ogni innovazione, è bene procedere con curiosità, ma anche con prudenza.
Autore: by Antonello Camilotto 1 agosto 2025
Pochi nomi risuonano con la stessa forza e importanza di Alan Turing. Considerato uno dei padri fondatori dell'informatica moderna, Turing è stato un matematico, logico, crittografo e visionario il cui contributo ha rivoluzionato il modo in cui comprendiamo il calcolo e l'intelligenza artificiale. Gli inizi di un genio Alan Mathison Turing nacque il 23 giugno 1912 a Londra. Fin da giovane mostrò una straordinaria predisposizione per la matematica e la logica. Studiò al King's College di Cambridge, dove venne riconosciuto per il suo talento e dove iniziò a sviluppare le idee che avrebbero gettato le basi dell'informatica teorica. Nel 1936 pubblicò uno dei suoi lavori più celebri: "On Computable Numbers, with an Application to the Entscheidungsproblem", in cui introdusse il concetto di macchina di Turing. Questa macchina astratta, capace di eseguire una sequenza di istruzioni su un nastro potenzialmente infinito, rappresenta ancora oggi il modello teorico di base di ogni computer. Con questo concetto, Turing dimostrò che esistono problemi che nessuna macchina, per quanto potente, può risolvere: un'intuizione fondamentale per i limiti del calcolo. L’uomo che decifrò Enigma Durante la Seconda guerra mondiale, Turing fu arruolato a Bletchley Park, il centro britannico per la decifrazione dei codici. Qui guidò un team di crittografi che riuscì a rompere il codice della macchina Enigma, utilizzata dai tedeschi per cifrare le comunicazioni militari. Il suo lavoro, unito allo sviluppo di una macchina elettromeccanica chiamata Bombe, permise agli Alleati di intercettare e comprendere messaggi critici, contribuendo in modo decisivo alla vittoria contro il regime nazista. Si stima che il lavoro di Turing abbia accorciato la guerra di almeno due anni e salvato milioni di vite. Pioniere dell’intelligenza artificiale Dopo la guerra, Turing si dedicò allo studio dell’intelligenza artificiale e dei modelli di apprendimento automatico. Nel 1950 pubblicò l’articolo "Computing Machinery and Intelligence", nel quale propose quello che oggi è noto come Test di Turing: un criterio per determinare se una macchina può dimostrare un comportamento intelligente indistinguibile da quello umano. Questo test rimane uno degli argomenti più discussi nel campo della filosofia della mente e dell'IA. Una fine tragica, un'eredità eterna Nonostante i suoi meriti straordinari, Turing fu perseguitato a causa della sua omosessualità, che all'epoca era considerata un reato nel Regno Unito. Nel 1952 fu condannato e sottoposto a castrazione chimica. Due anni dopo, nel 1954, morì in circostanze misteriose, ufficialmente per suicidio. Solo molti anni dopo, il Regno Unito ha riconosciuto l'ingiustizia subita. Nel 2009 il governo ha presentato ufficialmente le scuse, e nel 2013 la Regina Elisabetta II gli ha concesso la grazia postuma. Nel 2021, l'immagine di Alan Turing è apparsa sulla banconota da 50 sterline, simbolo del suo incalcolabile contributo alla scienza e all’umanità. Alan Turing non fu solo un pioniere dell’informatica, ma un pensatore rivoluzionario che seppe immaginare il futuro dei computer in un’epoca in cui ancora non esistevano. La sua eredità vive nei fondamenti della teoria computazionale, nelle moderne tecnologie informatiche e nel continuo dibattito su cosa significhi pensare, capire e essere intelligenti. Ricordare Turing significa non solo onorare il genio, ma anche riflettere sull'importanza della libertà, dell'inclusione e del valore umano dietro ogni scoperta scientifica.
Autore: by Antonello Camilotto 1 agosto 2025
Nel mondo sempre più competitivo del marketing digitale, comprendere il comportamento umano è diventato fondamentale per progettare strategie efficaci. Qui entra in gioco la psicologia comportamentale, una branca della psicologia che studia come le persone prendono decisioni, spesso in modo irrazionale o influenzato da fattori ambientali. Applicare questi principi al marketing digitale consente alle aziende di creare esperienze utente più persuasive, aumentare le conversioni e costruire relazioni più profonde con i clienti. Cos’è la Psicologia Comportamentale? La psicologia comportamentale si basa sull’idea che gran parte del nostro comportamento è il risultato di stimoli esterni e che le decisioni non sono sempre razionali. Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, ha dimostrato che le persone utilizzano scorciatoie mentali (i cosiddetti bias cognitivi) per prendere decisioni rapide, anche se non sempre accurate. Questo ha enormi implicazioni per il marketing digitale, dove le scelte avvengono in pochi secondi. Bias Cognitivi nel Marketing Digitale Ecco alcuni dei principali bias cognitivi utilizzati nelle strategie digitali: Effetto scarsità: Le frasi come “ultimi pezzi disponibili” o “offerta valida solo per oggi” spingono all’acquisto rapido, sfruttando la paura di perdere un’opportunità (FOMO). Prova sociale: Le recensioni, le testimonianze e i conteggi di “mi piace” agiscono come segnali di fiducia. Gli utenti si affidano al comportamento degli altri per decidere come agire. Effetto ancoraggio: Presentare un prezzo iniziale più alto e poi mostrarne uno scontato spinge il consumatore a percepire quest’ultimo come un grande affare. Bias di conferma: Gli utenti tendono a cercare informazioni che confermano le loro convinzioni. I contenuti personalizzati possono rafforzare questa tendenza e aumentare l’engagement. User Experience (UX) e Comportamento La psicologia comportamentale è alla base della progettazione delle interfacce utente. Alcuni esempi: Scelte guidate (choice architecture): Presentare una selezione limitata ma significativa di opzioni semplifica il processo decisionale e riduce il rischio di paralisi da analisi. Microinterazioni: Feedback visivi o sonori (come un suono quando si aggiunge un prodotto al carrello) rafforzano l’azione dell’utente e stimolano il senso di controllo. Chiamate all’azione (CTA): La formulazione, il colore e la posizione dei pulsanti possono influenzare significativamente il tasso di clic. CTA che trasmettono urgenza o beneficio personale tendono a essere più efficaci. Personalizzazione e Nudging I dati comportamentali raccolti tramite l’analisi dei cookie, delle sessioni e delle interazioni sui social consentono strategie di personalizzazione dinamica. Offrire contenuti o prodotti rilevanti nel momento giusto è una forma di nudge, ovvero una “spinta gentile” che guida l’utente verso l’azione desiderata, senza forzature. Esempio: Amazon mostra suggerimenti basati su acquisti precedenti, aumentando la probabilità di conversione grazie al principio di familiarità e rilevanza. Etica e Responsabilità Utilizzare la psicologia comportamentale nel marketing digitale comporta anche delle responsabilità. È importante distinguere tra influenzare e manipolare. Le tecniche devono essere usate in modo trasparente, rispettando la privacy degli utenti e favorendo un’esperienza positiva. La psicologia comportamentale offre strumenti potenti per capire e anticipare le reazioni degli utenti nel mondo digitale. Combinando l’analisi dei dati con i principi psicologici, i marketer possono progettare strategie più empatiche, efficaci e orientate al cliente. In un’epoca in cui la concorrenza si gioca spesso in pochi secondi e in pochi clic, sapere come funziona la mente può fare la differenza tra un visitatore distratto e un cliente fidelizzato.
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