11° Cyber Crime Conference e 21° Forum ICT Security

EVENTI

Tornano gli storici eventi dedicati alla cyber security: nel 2023 la Cyber Crime Conference e il Forum ICT Security si svolgeranno in presenza, nella tradizionale sede dell’Auditorium della Tecnica a Roma.


Eventi B2B che favoriscono l’incontro tra professionisti della sicurezza informatica e aziende leader nel settore, la Conference, dedicata alle principali minacce informatiche e relative soluzioni di sicurezza, si svolgerà nelle giornate dell’11 e 12 maggio mentre il Forum avrà luogo il 25 e il 26 ottobre.


Esperti, ricercatori e produttori di sicurezza potranno confrontarsi “faccia a faccia” su temi di assoluta attualità quali l’evoluzione del cyber crime e dei relativi attori, la necessità di una protezione integrata per ambienti IT/OT, le nuove risorse in campo di cyber threat intelligence, le strategie più efficaci in ambito cyber defence e molto altro.


I programmi vedranno una serie di talk a cura dei massimi esponenti dei mondi accademici, industriali e della Difesa in cui sarà delineato l’attuale scenario di riferimento. Parallelamente, nella consueta area espositiva, le aziende potranno condividere le loro proposte più innovative per la gestione del rischio informatico, la cyber resilienza e la messa in sicurezza delle organizzazioni.


Un’intensa agenda 2023 per anticipare tendenze ed esigenze di un mondo sempre più interconnesso; dove molteplici fattori, instabilità geopolitica e conseguente proliferare di gruppi State-Sponsored, nuove sfide di protezione legate a un Remote Working ormai diffuso, crescente sofisticazione degli attacchi mirati a enti pubblici o infrastrutture critiche − impongono di individuare soluzioni all’altezza delle minacce.


Entrambi gli eventi intendono contribuire al miglioramento della maturità digitale del Paese, favorendo lo scambio di competenze fra attori pubblici e privati per offrire a decision makers e professionisti della information e data security (CEO, CISO, Cyber Security Manager e analoghi profili) utili spunti operativi al fine di irrobustire la propria cyber security posture.


© 𝗯𝘆 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼

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Autore: by Antonello Camilotto 25 giugno 2025
Nel mondo iperconnesso di oggi, dove smartphone, auto e dispositivi intelligenti dominano la nostra quotidianità, il concetto di Kill Switch – letteralmente “interruttore di emergenza” – sta guadagnando sempre più attenzione. Nato come misura di sicurezza in ambiti militari e industriali, il Kill Switch è oggi al centro di un acceso dibattito tra tutela della sicurezza pubblica, diritto alla privacy e controllo tecnologico. Cos’è un Kill Switch? Il Kill Switch è un meccanismo (fisico o digitale) progettato per spegnere un dispositivo, un sistema informatico o una rete in modo immediato e definitivo. In ambito tecnologico, viene spesso integrato nei software per consentire al produttore o a un’autorità competente di disattivare un dispositivo da remoto, in caso di furto, malfunzionamenti critici o minacce alla sicurezza. Esempi concreti? Gli smartphone Apple e Android integrano da anni sistemi di blocco remoto per dissuadere i furti. In ambito automobilistico, alcune vetture moderne possono essere disattivate a distanza in caso di mancato pagamento di un leasing o in scenari di emergenza. Sicurezza o sorveglianza? Il Kill Switch viene spesso presentato come strumento di protezione. Nei paesi dove il furto di smartphone è endemico, la possibilità di rendere inutilizzabile un dispositivo rubato ha portato a un drastico calo dei reati. In ambito militare e industriale, invece, il Kill Switch è cruciale per impedire la compromissione di tecnologie sensibili o per gestire emergenze critiche. Tuttavia, la possibilità di spegnere un dispositivo da remoto solleva interrogativi importanti. Chi detiene il potere di attivare un Kill Switch? Con quali garanzie? In mano a governi autoritari o a multinazionali tecnologiche, un Kill Switch potrebbe diventare uno strumento di censura o controllo, capace di zittire dissidenti, impedire proteste o compromettere l’autonomia dell’individuo. Kill Switch su Internet: il caso dell’Egitto e oltre Nel gennaio del 2011, durante le proteste della Primavera Araba, il governo egiziano ordinò la disconnessione totale di Internet nel paese. Questo evento – definito da molti come “Kill Switch nazionale” – mostrò al mondo che l’infrastruttura tecnologica può essere manipolata per silenziare la popolazione. Altri paesi hanno seguito l’esempio in varie forme: dall’India all’Iran, passando per la Cina, i blackout digitali sono diventati strumenti frequenti di controllo politico. In questo contesto, il Kill Switch non è solo un tema tecnico, ma un argomento etico, politico e sociale. Intelligenza Artificiale e veicoli autonomi: Kill Switch del futuro? Con l’avanzata dell’intelligenza artificiale e dei sistemi autonomi, il Kill Switch assume una nuova rilevanza. Veicoli a guida autonoma, robot industriali e sistemi di AI sempre più sofisticati potrebbero diventare pericolosi in caso di malfunzionamento o manipolazione. La comunità scientifica, tra cui esperti come Elon Musk e il defunto Stephen Hawking, ha più volte sottolineato la necessità di avere “interruttori d’emergenza” per prevenire scenari fuori controllo. Tuttavia, spegnere un sistema intelligente non è sempre semplice. Alcune IA avanzate potrebbero sviluppare strategie per aggirare un Kill Switch, alimentando discussioni su come progettare “bottoni rossi” efficaci e a prova di sabotaggio. Il Kill Switch è una tecnologia tanto utile quanto controversa. La sua implementazione tocca il cuore di questioni fondamentali: chi controlla la tecnologia? Come bilanciare sicurezza e libertà? In un’epoca in cui la nostra vita dipende sempre più da dispositivi digitali, il potere di “spegnere tutto” diventa uno dei temi più delicati e cruciali del nostro tempo. Il dibattito è aperto. E, forse, non c’è un interruttore che possa spegnerlo.
Autore: by Antonello Camilotto 23 giugno 2025
Nel mondo contemporaneo, dove la tecnologia permea ogni aspetto della vita quotidiana, nasce un concetto nuovo e affascinante: la spiritualità digitale. Ma cosa significa davvero questo termine? È solo un ossimoro moderno o rappresenta un'autentica evoluzione del modo in cui l'essere umano vive il sacro? La spiritualità al tempo del digitale La spiritualità è, da sempre, la ricerca di senso, connessione e trascendenza. È un'esperienza che va oltre la materialità, legata al bisogno di comprendere il proprio posto nell’universo. Con l'avvento della tecnologia digitale, questa ricerca si è trasformata, adattandosi ai nuovi mezzi e linguaggi. La spiritualità digitale non sostituisce la spiritualità tradizionale, ma la integra. Si manifesta nell'uso consapevole delle tecnologie per coltivare la consapevolezza, l'interiorità e la connessione con gli altri. Può prendere forma in molteplici modi: attraverso app di meditazione, comunità spirituali online, podcast sul benessere interiore, dirette social di leader religiosi o contenuti che promuovono la crescita personale. Le forme della spiritualità digitale App e piattaforme : Strumenti come Headspace, Insight Timer o Calm offrono meditazioni guidate, esercizi di respirazione e percorsi di consapevolezza accessibili ovunque. Sono esempi chiari di spiritualità digitale pratica. Comunità virtuali : Forum, gruppi Facebook o Discord, canali YouTube e profili Instagram diventano veri e propri spazi sacri digitali dove condividere riflessioni, rituali e supporto reciproco. Eventi online : Ritiri spirituali, cerimonie, preghiere collettive o momenti di meditazione si trasferiscono nel digitale, rompendo le barriere geografiche e rendendo l’esperienza accessibile a più persone. Intelligenza artificiale e spiritualità : Assistenti virtuali e chatbot spirituali (come quelli che offrono letture di testi sacri o meditazioni su misura) stanno aprendo nuovi scenari, in cui la tecnologia funge da guida spirituale personalizzata. Le opportunità La spiritualità digitale permette di democratizzare l’accesso a percorsi interiori. Persone che altrimenti non avrebbero contatti con pratiche spirituali, per motivi geografici, culturali o personali, possono avvicinarsi a esse in modo semplice e personalizzato. Inoltre, consente una spiritualità “a misura d’uomo”, non dogmatica, più flessibile e adatta alle esigenze contemporanee. Le criticità Tuttavia, la spiritualità digitale non è esente da rischi. C'è il pericolo della superficialità: pratiche spirituali ridotte a “consumo veloce”, fruite senza reale profondità. Inoltre, l’iperconnessione può diventare un ostacolo all’autentica introspezione, trasformando la ricerca del sacro in un’ulteriore distrazione. È fondamentale mantenere un atteggiamento critico e consapevole verso gli strumenti digitali, ricordando che essi sono mezzi, non fini. La spiritualità digitale è un fenomeno in continua evoluzione, specchio del nostro tempo. Non si tratta di una moda passeggera, ma di una trasformazione culturale che pone interrogativi profondi su come viviamo il senso, la connessione e il silenzio interiore in un mondo sempre connesso. Se usata con consapevolezza, la tecnologia può diventare un ponte verso una spiritualità più inclusiva, accessibile e attuale, senza perdere il contatto con la dimensione profonda dell’umano.
Autore: by Antonello Camilotto 21 giugno 2025
Nel XXI secolo, il mondo è diventato più interconnesso che mai. Le reti digitali alimentano tutto: comunicazioni, trasporti, finanza, sanità, infrastrutture critiche. Questo livello di dipendenza dalla tecnologia ha migliorato la qualità della vita, ma ha anche aperto nuove vulnerabilità su scala globale. La domanda quindi è più attuale che mai: il mondo potrebbe davvero subire un attacco informatico catastrofico? La natura delle minacce informatiche globali Gli attacchi informatici sono ormai una componente stabile del panorama della sicurezza globale. Dalle campagne di ransomware che paralizzano ospedali e aziende, fino alle operazioni di spionaggio digitale condotte da stati nazionali, i rischi sono reali, quotidiani e in rapida evoluzione. Gli attacchi più gravi finora hanno avuto impatti significativi ma localizzati. Si pensi a Stuxnet, il virus informatico che ha colpito il programma nucleare iraniano nel 2010, o al ransomware NotPetya del 2017, che ha causato miliardi di dollari di danni, colpendo imprese e istituzioni in tutto il mondo. Tuttavia, questi eventi non hanno provocato un collasso sistemico. La domanda è: cosa succederebbe se un attacco coordinato colpisse simultaneamente più infrastrutture critiche? Cosa si intende per “catastrofico”? Un attacco informatico catastrofico non è semplicemente un’interruzione o un furto di dati: implica il blocco prolungato di servizi fondamentali su larga scala. Parliamo, ad esempio, di: Paralisi delle reti elettriche in più paesi Compromissione di sistemi bancari con perdita o manipolazione massiva di dati finanziari Attacchi ai sistemi satellitari o GPS che regolano trasporti, logistica e difesa Diffusione incontrollata di disinformazione per destabilizzare governi o creare panico In uno scenario del genere, il confine tra guerra informatica e guerra tradizionale si assottiglierebbe notevolmente. Chi potrebbe scatenarlo? Le fonti potenziali di un attacco catastrofico includono: Stati ostili, dotati di sofisticate capacità cyber (come Stati Uniti, Russia, Cina, Iran, Corea del Nord) Gruppi terroristici o hacktivisti, motivati da ideologie radicali o desideri di destabilizzazione Organizzazioni criminali, attratte dal potenziale guadagno o dal ricatto Errori o incidenti interni, in cui un bug o un software difettoso scatena conseguenze a catena (simili ai “bug dell’anno 2000” temuti all’epoca). Il rischio reale La possibilità di un attacco informatico catastrofico esiste, ma è considerata a bassa probabilità e alto impatto. Le nazioni investono miliardi nella cybersicurezza proprio per evitare che si verifichi un evento del genere. Tuttavia, la complessità e interdipendenza dei sistemi digitali aumenta il rischio di vulnerabilità inaspettate. Inoltre, la deterrenza che funziona nel mondo fisico (come la minaccia nucleare) è più difficile da applicare nel cyberspazio, dove l’attribuzione di un attacco è spesso incerta. Questo rende il cyberspazio un terreno fertile per operazioni “ibridi” sotto il livello di guerra dichiarata. Cosa si può fare? Prevenire un attacco catastrofico richiede un approccio multilivello: Miglioramento continuo delle infrastrutture critiche, con aggiornamenti costanti e segmentazione dei sistemi Cooperazione internazionale, per condividere intelligence e definire norme comuni nel cyberspazio Simulazioni e addestramento, per preparare governi e imprese a rispondere in modo coordinato Educazione e consapevolezza pubblica, perché la sicurezza informatica parte anche dagli utenti comuni Un attacco informatico catastrofico non è solo fantascienza. È una possibilità concreta che richiede preparazione, vigilanza e collaborazione a livello globale. Anche se il mondo ha evitato finora una crisi informatica su scala sistemica, la minaccia rimane all’orizzonte. La domanda non è più se accadrà, ma quanto siamo pronti a rispondere.
Autore: by Antonello Camilotto 21 giugno 2025
Mentre il mondo ancora si attrezza per il pieno utilizzo delle reti 5G, il futuro della difesa e del controllo dell’informazione si sta già scrivendo nella tecnologia 6G, un’evoluzione non solo di connettività, ma anche di potenza strategica. Benvenuti nella Guerra Elettronica 6G, il fronte invisibile in cui si gioca la supremazia globale. Cos'è la Guerra Elettronica 6G? Con "guerra elettronica 6G" si intende l’impiego delle potenzialità offerte dalla sesta generazione delle telecomunicazioni mobili per scopi militari, d’intelligence e di controllo del cyberspazio. Il 6G, atteso tra il 2030 e il 2035, promette velocità di trasmissione dati fino a 100 volte superiori al 5G, latenza prossima allo zero e la capacità di integrare comunicazioni terrestri, satellitari e quantistiche. Queste caratteristiche lo rendono ideale non solo per applicazioni civili, ma anche per lo sviluppo di nuove capacità belliche: droni autonomi interconnessi, guerra cognitiva, attacchi cibernetici in tempo reale e manipolazione dell'informazione a scala globale. Il dominio dell'invisibile La guerra elettronica non è nuova: già dalla Guerra Fredda si ricorreva a radar, disturbi radio e contromisure elettroniche. Ma con il 6G, la portata e la precisione di questi strumenti si amplifica esponenzialmente. I sistemi 6G permetteranno, ad esempio, di "vedere" attraverso muri grazie alle onde millimetriche, di intercettare segnali cifrati sfruttando l’intelligenza artificiale e persino di influenzare il comportamento umano tramite operazioni psicologiche personalizzate e mirate. Secondo uno studio del Center for Strategic and International Studies (CSIS), il 6G sarà il catalizzatore di un nuovo paradigma: la guerra cognitiva, in cui l’obiettivo non è solo distruggere infrastrutture, ma manipolare le percezioni, i pensieri e le emozioni del nemico. Il ruolo delle superpotenze Cina, Stati Uniti e Unione Europea stanno già investendo miliardi nello sviluppo di questa tecnologia. Pechino ha lanciato nel 2020 il primo satellite di test 6G, mentre il Pentagono ha avviato progetti sperimentali che integrano 6G e intelligenza artificiale nei sistemi di difesa. L’Unione Europea, con il programma Hexa-X, punta a garantire un ecosistema sicuro e trasparente, ma teme la dipendenza tecnologica dalle altre potenze. “La corsa al 6G è anche una corsa per la superiorità militare del XXI secolo”, ha dichiarato il generale americano John Hyten, già vicecapo degli Stati Maggiori Riuniti. “Chi controllerà le infrastrutture 6G controllerà il campo di battaglia digitale”. I rischi per la società civile Il confine tra uso civile e militare sarà sempre più sfumato. La stessa rete che abilita auto a guida autonoma, operazioni chirurgiche da remoto e realtà aumentata, può essere impiegata per sorveglianza di massa, sabotaggio infrastrutturale e propaganda sofisticata. L’integrazione del 6G con tecnologie emergenti come il computing neuromorfico e la comunicazione quantistica pone nuove sfide etiche e geopolitiche. Chi garantirà la sicurezza dei dati, la neutralità della rete, la protezione delle menti? La Guerra Elettronica 6G non sarà fatta di bombe e carri armati, ma di bit, algoritmi e onde elettromagnetiche. Un conflitto silenzioso, pervasivo, potenzialmente devastante. Comprendere oggi la portata di questa trasformazione è fondamentale per garantire domani la pace e la sicurezza, non solo delle nazioni, ma degli individui stessi. "Il futuro non sarà conquistato con la forza, ma con il controllo dell'informazione".
Autore: by Antonello Camilotto 19 giugno 2025
Nell'era digitale, il termine "troll di internet" è diventato comune, ma cosa significa esattamente e chi sono questi individui che si nascondono dietro uno schermo per disturbare le discussioni online? In questo articolo esploreremo l'origine del termine, i comportamenti tipici dei troll e come possiamo affrontarli. Origine del termine Il termine "troll" deriva dalla pesca con il metodo del trolling, che consiste nel trascinare un'esca in acqua per attirare i pesci. Allo stesso modo, i troll di internet pubblicano messaggi provocatori o offensivi nelle comunità online per suscitare reazioni emotive. La metafora si adatta perfettamente, poiché questi individui cercano di "pescare" risposte dagli altri utenti. Comportamenti tipici dei troll I troll di internet possono manifestarsi in vari modi, ma ci sono alcuni comportamenti comuni che li contraddistinguono: 1. Provocazioni intenzionali: I troll pubblicano commenti deliberatamente provocatori, offensivi o insensati con l'obiettivo di disturbare la discussione e suscitare risposte emotive. 2. Spam e off-topic: Possono inondare forum e sezioni di commenti con messaggi fuori tema o spam per distruggere la qualità della conversazione. 3. Attacchi personali: Spesso attaccano direttamente altri utenti, cercando di infastidirli o umiliarli pubblicamente. 4. Diffusione di disinformazione: I troll possono diffondere false informazioni per confondere gli altri utenti o per scopi malevoli. 5. Sockpuppetry: Utilizzano più account falsi per supportare le proprie argomentazioni o per creare l'illusione di un consenso. Motivazioni dei troll Le motivazioni che spingono i troll a comportarsi in questo modo possono variare. Alcuni lo fanno per puro divertimento, godendo del caos che creano. Altri possono avere obiettivi più specifici, come promuovere una certa agenda politica, vendicarsi di qualcuno o semplicemente esprimere la propria frustrazione e rabbia. Come affrontare i troll Affrontare i troll di internet può essere complicato, ma ci sono alcune strategie che possono essere utili: 1. Non alimentare il troll: La regola più importante è non rispondere alle provocazioni. I troll cercano reazioni, quindi ignorarli è spesso la migliore difesa. 2. Moderazione rigorosa: I forum e le comunità online dovrebbero avere moderatori attivi che rimuovano i messaggi dei troll e, se necessario, bannino gli utenti recidivi. 3. Educazione e sensibilizzazione: Informare gli utenti su cosa sono i troll e come comportarsi può aiutare a ridurre l'impatto delle loro azioni. 4.Strumenti tecnologici: Utilizzare filtri e algoritmi per individuare e bloccare i messaggi dei troll può essere efficace, sebbene non sia una soluzione infallibile. I troll di internet rappresentano una sfida continua per le comunità online. Comprendere chi sono e come operano è il primo passo per mitigare il loro impatto. Con un mix di moderazione attiva, educazione degli utenti e strumenti tecnologici, è possibile creare spazi online più sicuri e costruttivi, dove le discussioni possano prosperare senza l'interferenza dei disturbatori.
Autore: by Antonello Camilotto 18 giugno 2025
L'Itelligenza Artificiale (AI) si sta affermando come protagonista silenziosa ma decisiva nel panorama dell’informazione. Dalla produzione di contenuti alla personalizzazione delle notizie, passando per la lotta contro la disinformazione, l’AI sta rivoluzionando il modo in cui le persone si tengono aggiornate. Un cambiamento profondo, rapido, e tutt’altro che neutrale. Notizie su misura: l’informazione diventa personalizzata Algoritmi di machine learning e sistemi di raccomandazione sono ormai parte integrante delle principali piattaforme di informazione. Google News, Facebook, X (ex Twitter) e TikTok utilizzano l’AI per analizzare il comportamento degli utenti – click, tempo di lettura, condivisioni – al fine di proporre contenuti sempre più “su misura”. Il vantaggio è evidente: un flusso di notizie più rilevanti e in linea con gli interessi individuali. Ma il rovescio della medaglia è altrettanto chiaro: il rischio di restare intrappolati in bolle informative che confermano i propri punti di vista, limitando l’esposizione alla pluralità delle opinioni. Giornalismo automatizzato: l’AI scrive (già) le notizie In redazioni di tutto il mondo, l’AI sta assumendo un ruolo attivo nella produzione dei contenuti. Agenzie come Associated Press e Reuters utilizzano sistemi automatizzati per redigere articoli su risultati sportivi, report finanziari o cronache meteo. Si tratta di testi basati su dati strutturati, generati in pochi secondi e con costi ridotti. La velocità e l’efficienza sono i principali vantaggi, ma sollevano interrogativi sulla qualità, sull’originalità e sul ruolo dei giornalisti umani. L’AI può raccontare i fatti, ma sa davvero interpretarli? Può fare inchieste, porre domande scomode, contestualizzare una notizia? Fact-checking e disinformazione: l’AI come alleata (e minaccia) Uno degli ambiti più promettenti dell’AI è il contrasto alla disinformazione. Sistemi avanzati di riconoscimento linguistico e analisi semantica sono in grado di identificare fake news, manipolazioni di immagini e contenuti generati da AI stessa (deepfake). Organizzazioni come Full Fact nel Regno Unito o Pagella Politica in Italia stanno integrando strumenti AI nei loro processi di verifica. Tuttavia, la stessa tecnologia può essere utilizzata anche per creare contenuti ingannevoli sempre più credibili. L’AI generativa, come i modelli linguistici avanzati, permette di produrre testi, immagini e video falsi ma estremamente realistici. La sfida diventa così doppia: usare l’AI per difendersi... dall’AI. Il futuro dell’informazione è ibrido La trasformazione in atto è tutt’altro che conclusa. Quel che emerge è un futuro dell’informazione in cui l’elemento umano e quello artificiale dovranno convivere. I giornalisti del domani non saranno sostituiti dall’AI, ma dovranno imparare a usarla come strumento: per analizzare grandi quantità di dati, monitorare tendenze, ottimizzare il lavoro redazionale. Nel frattempo, gli utenti dovranno affinare il proprio senso critico, imparando a navigare tra contenuti sempre più filtrati, generati o influenzati da macchine. In un’epoca in cui le notizie sono a portata di click, ma la verità resta spesso sfuggente, l’AI rappresenta sia un’opportunità che una responsabilità. L’Intelligenza Artificiale sta ridefinendo radicalmente il modo in cui ci informiamo. Non è solo una questione tecnologica, ma culturale e democratica. Il modo in cui gestiremo questa transizione determinerà non solo l’evoluzione del giornalismo, ma anche la qualità della nostra conoscenza collettiva. 
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